Ieri Giancarlo Giorgetti è salito al Colle, ufficialmente per comunicare la sua rinuncia a qualsiasi ipotesi di candidatura come commissario Ue. Ma il Quirinale è diventato il terminale di un Governo a un passo dalla crisi. Tanto che per tutta la giornata si è fatta strada l’ipotesi che oggi potesse essere lo stesso Matteo Salvini a incontrare il presidente Sergio Mattarella, evocato dal vicepremier della Lega come «garante del fatto che questo rimanga un Paese democratico». Ma ieri sera è stato lo stesso leader leghista a smentire un suo arrivo oggi al Quirinale. Il ritorno alle urne in caso di rottura: è questa la rassicurazione che la Lega cerca dal capo dello Stato. «Se questo Governo non ha più senso di andare avanti perché i no prevalgono sui sì, allora la via è quella del voto», ha chiarito Salvini. Sperando «che non ci siano maggioranze raccolte sul marciapiede perché qualcuno non vuole mollare la poltrona».
L’ira del leader del Carroccio, ieri, è stata lampante. Sommerso dalle telefonate e dai messaggi dei suoi che lo spingono a staccare la spina all’Esecutivo con i Cinque Stelle, Salvini è stato durissimo. Da Helsinki, dove si sono riuniti i ministri dell’Interno Ue, ha annunciato che non parteciperà né al Consiglio dei ministri di oggi alle 12 né all’ennesimo vertice sull’autonomia. Ha accusato i Cinque Stelle di «essere già da due giorni al Governo col Pd, per ora a Bruxelles, tradendo il voto degli italiani che volevano il cambiamento» e poi ha esplicitato quel che da giorni covava sotto la cenere: la perdita «della fiducia, anche personale» nei confronti degli alleati. «Non apprezzo la sfida all’insulto», ha aggiunto, commentando la lettera a Repubblica di Giuseppe Conte. Il premier, che ha escluso di prestarsi «a operazioni opache e ambigue» in caso di crisi, ha reagito ribadendo i suoi «valori»: «Il rispetto delle istituzioni, la piena trasparenza nei confronti dei cittadini, la fedeltà assoluta agli interessi nazionali».
«Qui si attacca il M5S per fare notizia e coprire il caso dei fondi russi, ma questa è una falsità volgare», è stata la risposta in diretta Facebook di Luigi Di Maio, che subito dopo ha riunito i fedelissimi tra cui il ministro Fraccaro, il sottosegretario Buffagni e i capigruppo Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli. «Siamo stati colpiti alle spalle», è la sua tesi. E il “gabinetto di guerra” serve a tracciare la strategia, che è quella di attribuire a Salvini la colpa dell’eventuale caduta del Governo e al tempo stesso di mostrarsi propositivi. «È stata pianificata l’attività «da qui alla fine dell’anno», raccontano dal M5S, snocciolando la controagenda delle priorità: taglio del cuneo, riforma fiscale («Va bene la flat tax, se la Lega ci dice come vuole farla»), salario minimo, ambiente, acqua pubblica.
La ricostruzione di Di Maio sul disco verde alla popolare tedesca Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione Ue è opposta a quella del suo alleato leghista: c’era un accordo con il premier, ma «la Lega si è sfilata perché non ha avuto garanzie sul commissario». Adesso «dica chiaramente se vuole far cadere il Governo e se ne prenda la responsabilità».
Salvini lo ha liquidato sprezzante: «Le sue teorie qui in Finlandia arrivano lontane, gli lascio i suoi sfoghi». E ne ha avute per tutti: i ministri Trenta e Toninelli, il presidente della Camera Roberto Fico (che lo ha tacciato di «mancanza di rispetto istituzionale» per il suo rifiuto di riferire in Aula sul Russiagate), e persino Davide Casaleggio. «Se il voto popolare ha un senso… altrimenti mettiamo online su Rousseau qualunque nomina, facciamo i clic e così decide tutto Casaleggio e siamo a posto», ha replicato a chi gli chiedeva se spettasse al Carroccio indicare il commissario italiano. Mai prima d’ora Salvini aveva irriso la piattaforma online del M5S e attaccato il figlio di Gianroberto.
Mentre infuriava lo scontro, a Palazzo Chigi non si perdeva la fiducia in una ricucitura. Quando e come non è chiaro, visto che si riconoscono l’assenza di contatti con Salvini e le difficoltà sul dossier delle autonomie regionali, per il quale non si ritiene affatto risolutivo il vertice fissato per oggi dopo il Cdm. «Ma veramente si pensa a una campagna elettorale ad agosto?», è la domanda. A sera il ministro dell’Interno ripeteva dal palco della festa della Lega a Barzago: «Il Governo va avanti se arrivano i sì, altrimenti è inutile starci dentro, e il più importante è alla riforma fiscale. L’Europa ce la farà fare?».