L’Italia è in bilico tra ripresa e recessione. Sono le prime parole del Rapporto del Centro Studi di Confindustria, presentato ieri, dove si conferma la «sostanziale stagnazione dell’economia italiana». La previsione per il 2019 è il pil fermo. Nel 2020 aumenterà dello 0,4%, come ha spiegato il direttore del Csc, Andrea Montanino, se non ci sarà l’aumento dell’Iva e delle accise per 23,1 miliardi di euro, finanziato interamente in deficit; in caso contrario la crescita resterà a zero.
L’economia italiana rischia di cadere in recessione in caso di eventuali nuovi shock. Ma il 2020 potrebbe essere «un anno di svolta» a patto che il dividendo dei tassi di interesse ai minimi storici «venga utilizzato per ricreare il clima di fiducia, rilanciare gli investimenti privati, avviare la riduzione del peso fiscale sui lavoratori e porre il debito pubblico su un sentiero decrescente».
A pesare sono il minore apporto ai consumi del reddito di cittadinanza, il rallentamento della Germania, la bassa fiducia. Positivamente giocano la politica monetaria, l’adattamento delle imprese che sostiene l’export più della domanda mondiale. Nelle intenzioni del governo, dice il Csc, come emerge nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, malgrado la sterilizzazione degli aumenti Iva il deficit sarà del 2,2% del pil. Nonostante l’economia sia ferma i conti pubblici non ne stanno risentendo, dice il Rapporto, per un recupero di evasione quantificabile a fine anno a poco meno di 5 miliardi, l’aumento delle entrate tributarie, la minore spesa per interessi, che porterà risparmi stimabili in 3 miliardi nel 2019 e ulteriori 3,8 nel 2020, ai risparmi su quota 100 e reddito di cittadinanza che toccheranno i 2,6 miliardi di euro nel 2019 e i 3,4 nel 2020. Da una «preliminare lettura del piano del governo» emerge una manovra da 1,6 punti di pil, che al netto delle clausole secondo il Csc si prospetta restrittiva per 0,5 punti di pil.
«I numeri fanno riferimento ad una manovra che non può che essere cauta, date le risorse disponibili. Bisogna unire il possibile con il necessario. Condividiamo questo approccio responsabile del governo di declinare gli interventi su tre anni e mantenere l’equilibrio dei conti pubblici proprio per sostenere la nostra credibilità e dare fiducia su conti e debito», ha detto il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, chiudendo il seminario. «La Nadef nasce con il vincolo di sterilizzare le clausole Iva senza se e senza ma e l’obiettivo di tagliare il cuneo fiscale», ha continuato la Panucci che ha parlato di tre pilastri essenziali: lavoro, investimenti privati e investimenti pubblici. Sul lavoro oltre al taglio del cuneo «che è essenziale e le risorse vanno incrementate nei tre anni, devono esserci interventi sulla produttività e sui giovani, investimenti su formazione e università». Bene la conferma delle misure di Industria 4.0 e l’obiettivo di estenderli a investimenti sulla sostenibilità, ha continuato la Panucci, che rilancia lo sblocco delle infrastrutture.
Occorre una riforma fiscale per la crescita, dice il Rapporto, per rafforzare i redditi medi, soprattutto da lavoro dipendente; aumentare il netto in busta paga per i redditi bassi che non ricevono gli 80 euro; rafforzare gli incentivi fiscali sui premi di risultato per aumentare la produttività; ampliare gli incentivi all’inserimento dei giovani. Estendere il bonus di 80 euro agli incapienti costerebbe 2 miliardi e andrebbe modulato con il reddito di cittadinanza; la rimodulazione dello scaglione Irpef dal 27 al 23% riguarderebbe 23 milioni di lavoratori con un costo di 7,9 miliardi.