Curiosando tra i 600 bilanci delle eccellenze del «made in Italy» manifatturiero, industriale e del terziario che vi abbiamo raccontato in questa seconda edizione dei Champions, la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Volendo premiare le aziende che più hanno visto volare i propri ricavi, si scopre, per esempio, che viene da Brunello, in provincia di Varese, il «super campione» della crescita. Si chiama Trub ed è una società del gruppo Elmec, che si occupa di servizi e soluzioni di information technology e implementa progetti innovativi che migliorano i processi delle aziende. Con 650 dipendenti, attività in cento Paesi e un fatturato di gruppo di 220 milioni di euro è la più grande azienda italiana privata del settore. La «sua» Trub è anche un’eccellenza a se stante: i suoi fatturati (124 milioni quello del 2017) sono cresciuti in media del 28,7% anno su anno, dal 2011 e per sei anni: il tasso più alto tra le top 100.
Ma cresce addirittura più del doppio un’altra azienda «regina», che ha sì un fatturato più piccolo, 62 milioni di euro, ma ha visto un incremento medio annuo dei suoi ricavi del 70%: è la Leo Shoes di Casarano, in provincia di Lecce, che produce calzature per marchi del lusso globale.
Se invece cerchiamo un re dei profitti, dobbiamo risalire lo Stivale e arrivare fino a Pisa, dove l’azienda farmaceutica Abiogen, specializzata nell’area osteo-articolare, con un fatturato 2017 di 168 milioni di euro (più che raddoppiato dal 2011), ha profitti lordi che arrivano al 46,4%: non «di picco», è la media annua degli ultimi tre esercizi. Fondata come realtà familiare oltre un secolo fa, oggi va velocissima, come dicono i numeri di ItalyPost, tra ricerca, brevetti e innovazione, ed è rimasta in mano al la famiglia. Nata da una costola dell’Istituto Galenico, vede al timone il bisnipote del fondatore, l’amministrato re Massimo Di Martino. La moglie, Car lotta Cesqui, è invece il ceo di Gensan, che produce integratori e fa parte della holding di famiglia. La produzione? A Ospedaletto, alle porte di Pisa, in un’area di 120 mila metri quadrati.
Più piccola, ma sempre in testa nella hit della redditività c’è Mondo Tv, la factory romana dei cartoni animati, uno dei principali player del settore. L’anno scorso la media dei suoi profitti industriali lordi (secondo i bilanci dal 2014 al 2016) arrivava a 66,5%; quest’anno, calcolati sul triennio 2015-2017, toccano il 71,5%. Ora per l’azienda, quotata al segmento Star della Borsa e guidata dalla famiglia Corradi (il fondatore Orlando è morto lo scorso autunno), si apre un periodo impegnativo, come si evince dal piano strategico al 2023, che dovrà concentrarsi sui prodotti con la migliore performance. Nel 2018 sul bilancio peserà il rallentamento della Cina — uno dei principali mercati per le produzioni della casa — e le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, che a Pechino hanno determinato una diminuzione degli investimenti anche nei prodotti «media», soprattutto se di origine occidentale. La perdita di esercizio, si legge nella relazione del consiglio, sarà stimabile in circa 39 milioni di euro, ma la società ha patrimonio netto di poco meno di 60 milioni di euro e risorse finanziarie già acquisite per supportare lo sviluppo dei prossimi anni.
Di svilupparsi infatti, queste aziende, spesso «campioni» dell’export, che sfidano le incertezze dei mercati internazionali, le tensioni geopolitiche e la recessione che in Italia preoccupa piccoli, medi e grandi imprenditori, non smettono mai. È una delle chiavi del loro successo. E in questa tensione alla crescita, in comune hanno un’altra caratteristica: una sorta di «ossessione» per la capacità di autofinanziarsi, senza ricorrere alle banche.
Lo si legge nelle tabelle che illustrano le società con il miglior rapporto tra indebitamento e totale degli attivi. Per la categoria dei big, a primeggiare è Branca. L’azienda degli amari fondata nel 1845 da Bernardino Branca, l’inventore del Fernet-Branca, con un fatturato 2017 di 357,7 milioni di euro, ha un tasso di indebitamento (cioè la percentuale di debiti sul totale degli attivi) appena del 16,4%.
Da Milano, sede storica della Branca, in Veneto. Qui troviamo infatti Pizzato Elettrica, regina del «debito al mini mo» tra i Champions con fatturato sotto i 120 milioni. Forse il suo nome non vi dirà molto, ma con ricavi a 38,5 milioni nel 2017, il suo tasso di indebitamento supera di poco la doppia cifra: è al 10,6%. L’azienda di Marostica (Vicenza), ha cinque stabilimenti e produce interruttori di posizione, dispositivi di sicurezza e per ascensori. Anche qui, giochiamo in famiglia: i Pizzato, Giuseppe e Marco, l’anno scorso hanno aperto la quarta filiale negli Stati Uniti. E con i loro bilanci sono pronti a sfidare (anche) i mercati inquieti e la guerra dei dazi.
L’Economia 15 marzo 2019