Anche la finanza sta diventando sempre più 4.0. Non potrebbe essere altrimenti, perché è in sostanza un processo di gestione delle informazioni. Di certo le cose stanno cambiando rapidamente. Dopo la grande sbornia creditizia dei decenni passati, le banche hanno notevolmente ridotto il credito, a causa degli Npl accumulati e della regolamentazione sempre più stringente. Ciò è vero in particolare per le Pmi, che soffrono del limite di non essere così piccole da essere gestite con modelli statistici di affidamento (a basso costo), ma nemmeno grandi a sufficienza per ottenere adeguata attenzione da parte delle banche. Se poi immaginiamo, nel prossimo futuro, un rallentamento della politica espansiva della Bce, possiamo concludere che questo drenaggio del credito verso le Pmi potrà solo intensificarsi. Per questo occorre attrezzarsi in tempo. Ma come? L’Europa ha individuato nel mercato dei capitali «il secondo motore» della finanza d’impresa. Ma per le Pmi entrare nel mercato dei capitali significa dover imparare una seconda lingua: quella degli investitori. E questa lingua si fonda su pochi ma essenziali pilastri: trasparenza, visione del futuro, chiarezza, capacità di comunicazione. Da questo punto di vista i 500 «Champions» sono forse un segmento privilegiato: se da un lato è indubbio che la qualità della loro posizione finanziaria le esoneri dall’avvicinarsi al mercato dei capitali (e dal fare ricorso al credito bancario), dall’altro proprio questa solidità consente loro di accedere alla finanza a lungo termine, necessaria per il consolidamento e l’espansione internazionale. I segnali di un inevitabile cambio di paradigma ci sono: il recente lancio dei Pir, la crescente importanza dell’Aim e l’imponente massa di risparmio che in questo modo si sta canalizzando verso le Pmi ne sono un esempio tangibile.
*Executive Board Member Epic Sim