La via della moda. La via del design. La via della manifattura. La Lombardia è tutti questi possibili percorsi, e tanti altri ancora. Uno al quale raramente si pensa, e invece è fondamentale, è una sorta di «asse dell’energia». Possiamo farlo partire da Sergnano, provincia di Cremona, dove la Snam ha il suo nuovo impianto di compressione. Detto così suona però in modo pericolosamente noioso. Non lo è. Sergnano è il posto da cui si consente alla rete di gestire i flussi che, alla fine di un lunghissimo viaggio (per inciso: Snam è il primo gruppo in Europa per estensione delle infrastrutture e capacità di stoccaggio), trasforma e poi porta il gas nelle nostre case. È questo — il «come» — ciò che i tecnici del gruppo mostrano nell’Open Factory Sunday. Che è, anche, l’occasione per parlare di efficienza energetica, biometano, tecnologie innovative per aumentare l’uso di quella risorsa chiave per la green economy che è il gas rinnovabile.
Spostarsi da Sergnano verso San Donato Milanese significa andare al cuore «storico» dell’industria energetica italiana. Lì c’è la sede Eni, oltre che della stessa Snam, ed Eni vuol dire energia a 360 gradi: esplorazione, sviluppo, estrazione, trading di petrolio e gas naturale, commercializzazione di elettricità, carburanti, lubrificanti. E ricerca, naturalmente. Il laboratorio che ha aperto le sue porte al pubblico ha proposto quattro percorsi-racconto: un viaggio in 3D, con tanto di microscopio elettronico e tomografie computerizzate, all’interno di un giacimento; la lunga strada dell’energia dal petrolio di ieri, ai biocombustibili di oggi, alla fusione magnetica di domani; le scienza e le tecnologie grazie alle quali ripulire l’ambiente in caso di «sversamenti» di petrolio (quante volte capita, ovunque?); i progetti di riduzione dei consumi riciclando gli scarti e trasformandoli in nuova materia per produrre energia (e qui si entra nel mondo delle nanotecnologia: sono state accese le luci degli elettroni per vedere la struttura della materia, si è «spiato» il nucleo degli atomi utilizzando il magnetismo»).
In tema, in qualche modo, è la tappa finale di questo itinerario. I materiali da imballaggio nascono, spesso, da derivati del petrolio. Il problema dell’impatto ambientale lo conosciamo tutti, anche se non tutti (anzi) facciamo la nostra parte riciclando la plastica, le lattine, gli sticker vuoti dei medicinali. Negli stabilimenti del gruppo Castagna Univel che a Guardamiglio (Lodi), Mortara (Pavia) e Vercelli producono imballaggi flessibili per l’alimentare, la farmaceutica, la cosmetica, il viaggio nella produzione del packaging si è concluso dunque proprio qui: sulla «responsabilità green» che un’azienda leader del settore riconosce di avere e sul «come» può essere affrontata già a partire dalla fabbrica.
*L’Economia, 19 novembre 2018