L’Ufficio parlamentare di Bilancio, autorità indipendente di controllo sui conti pubblici, boccia la manovra e per il governo si apre una nuova fase difficile. La stima di un incremento del Prodotto interno lordo reale dell’1,5% nel 2019, e nominale del 3,1%, come effetto della prossima legge di Bilancio, dice l’Upb, è «eccessivamente ottimistica». Dubbi e preoccupazioni sono stati manifestati anche dalla Banca d’Italia, contestata da Luigi Di Maio, e dalla Corte dei Conti, mentre il Fmi ha rivisto al ribasso le previsioni sul Pil del 2019, che non andrà oltre l’1%.
L’Ufficio di bilancio, per il momento, non ha potuto «validare» il quadro dei numeri che fanno da sfondo alla manovra, e l’esecutivo adesso ha due possibilità: adeguarsi o spiegare, come tornerà a fare oggi in Parlamento il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che era in partenza per le riunioni del Fmi in Indonesia.
Non è la prima volta che l’Upb alza il cartellino rosso. Già nel 2016 bocciò la prima manovra del governo Renzi, che avendo margine decise di fare un po’ più deficit del previsto. Stavolta il sentiero è molto più stretto: con il 2,4% di disavanzo, dice l’Upb, il governo già rischia di violare in modo «particolarmente grave» il patto di Stabilità Ue.
Tria ieri in Parlamento ha difeso la sua impostazione, sostenendo che da un tendenziale di crescita dello 0,9% il Pil crescerebbe di 0,2 punti grazie alla sterilizzazione degli aumenti Iva, di altri 0,34 punti per effetto degli interventi su pensioni e reddito di cittadinanza, e di 0,2 punti grazie agli investimenti pubblici.
Per centrare il risultato questi ultimi dovrebbero però aumentare del 16% nel 2019, poi del 10% e del 7% negli anni successivi, come sottolinea l’Upb, mentre Bankitalia sostiene che l’impatto della manovra sulla crescita sarà «modesto» e «graduale». Il Pil del 2019 crescerebbe meno dell’1% dice via Nazionale, preoccupata per la poca considerazione al debito, che per l’Italia è il «grande moltiplicatore delle turbolenze».
Intanto c’è il problema della spesa per gli interessi: ai tassi attuali per Bankitalia sono 10 miliardi in più da qui al 2021, per l’Upb possono arrivare a 17. Bisognerebbe «piegare con decisione il peso del debito sul prodotto», che rischia di innescare un «circolo vizioso» con possibili effetti sull’economia reale, ha detto il vicedirettore generale Federico Signorini. Critiche che Di Maio non accetta, chiedendo a Bankitalia di «candidarsi» alle elezioni se «vuole difendere la legge Fornero». Attacca anche Alessandro Di Battista, che invita il governo «a mettere mano alla governance di Bankitalia».