L’intesa dei giorni scorsi fra i ministri finanziari europei potrebbe contenere più risvolti di quanto non sia emerso finora. Lo fa in particolare sullo snodo attorno al quale si dilania il sistema politico a Roma, quello sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Una clausola di quell’accordo è infatti in grado — potenzialmente — di aprire al Paese il sostegno da prestatore di ultima istanza da parte della Banca centrale europea senza troppi costi politici.
Naturalmente, non c’è alcuna decisione della Bce in proposito. Il suo consiglio direttivo non si è mai pronunciato, non si prepara a farlo, e nessuno dei banchieri centrali si lascia sfuggire commenti su questi aspetti in pubblico o in privato. I governatori dei 19 Paesi dell’euro e i sei componenti dell’esecutivo di Francoforte mantengono la loro capacità di decidere in maniera del tutto indipendente. Ma un passaggio dell’accordo dell’Eurogruppo di giovedì notte chiama in causa implicitamente il ruolo della Bce, secondo varie persone coinvolte nel negoziato.
Nel capoverso sul Mes i ministri propongono infatti un «Pandemic Crisis Support», una linea di credito per somme fino al 2% del Prodotto lordo del Paese in difficoltà. Il prestito può essere reso disponibile dal Mes «sulla base di termini standardizzati» (cioè uguali per tutti), sulla base di una valutazione semi-automatica riguardo al fatto che il debito del governo da aiutare sia sostenibile. La sola condizione è che il denaro sia usato per il «finanziamento diretto o indiretto dei costi sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi Covid-19».
L’ambito è volutamente vago: può includere i costi per mettere in sicurezza le aziende o mantenere a casa i dipendenti. Soprattutto, spiega l’Eurogruppo, questo Pandemic Crisis Support è «basato sull’esistente linea di credito precauzionale Eccl». È la «Enhanced Conditions Credit Line» («linea di credito a condizioni rafforzate»), un modello di prestito previsto dal Mes per stabilizzare un Paese che rischia difficoltà di mercato.
Il sostegno previsto per la pandemia rientra formalmente in questo braccio operativo del fondo salvataggi, con la novità che stavolta non prevede condizioni di riforma.
Ma chiamare in causa la Eccl ha implicazioni importanti. Attivarla è infatti un presupposto indicato nei regolamenti di Francoforte perché il consiglio direttivo della Bce possa varare gli interventi voluti da Mario Draghi nel 2012, quelli per ridurre gli spread e bloccare la crisi dell’euro: le Omt, le «Outright Monetary Transactions». Dunque se oggi un governo chiede al Mes l’accesso al prestito anti-pandemia, che è una Eccl, di fatto, mette la Bce legalmente in grado di decidere di comprare i suoi titoli su scadenze fra uno e tre anni senza limiti quantitativi prefissati.
Quel nuovo tipo di strumento del Mes privo di condizioni apre così la strada al ruolo della Bce come prestatore di ultima istanza di un governo in difficoltà per la pandemia: è quel che hanno sempre chiesto i sovranisti italiani, che pure si oppongono al Mes. Naturalmente la decisione di intervenire spetta solo al consiglio direttivo della Bce, che può voler verificare che le condizioni previste dal fondo salvataggi siano «strette ed efficaci». Ma già solo il fatto che la Bce in teoria possa agire, se un governo attiva la linea del Mes per Covid-19, basta a frenare le scommesse speculative contro di lui. Commenta Marco Valli, capoeconomista per l’Europa di Unicredit: «L’accordo sul Mes va visto positivamente: la condizionalità è in sostanza azzerata e il Paese che dovesse chiedere la linea di credito può beneficiare dello scudo della Bce».