L’esplosione elettorale di Matteo Salvini ha letteralmente salvato la Lega. Anche sotto il profilo economico. Saranno proprio le entrate garantite dai parlamentari del Carroccio – quasi quintuplicati dopo l’exploit del 4 marzo – a permettere la sopravvivenza (e qualcosa in più) del partito: grazie ai contributi erogati da Camera e Senato, e alle erogazioni liberali che gli onorevoli leghisti versano ogni anno alla struttura che li ha fatti eleggere, la Lega potrà contare su introiti per circa 16 milioni di euro l’anno. Una svolta radicale, per un partito da anni in profondo rosso.
Casse vuote. Da una parte la rateizzazione in 76 anni dei 49 milioni dovuti allo Stato per la truffa di Bossi e Belsito ha salvato l’agibilità politica di Salvini e dei suoi. Dall’altra però rende ancora più grave una situazione finanziaria già compromessa.
In sintesi: la Lega ha chiuso il suo ultimo bilancio in rosso per oltre un milione di euro, è indebitata per quasi due e negli ultimi esercizi ha già ridotto all’osso tutte le voci di spesa: i costi sono passati dai 16 milioni del 2014 ai 4 milioni del 2017. La cura dimagrante imposta dal tesoriere Giulio Centemero – obbligata dalla fine del finanziamento pubblico – ha avuto effetti drastici sull’organico, che nel 2017 è stato ulteriormente decimato: da 29 a 7 unità.
La Lega, insomma, ha già raschiato il fondo del barile, licenziando quasi tutti i dipendenti, chiudendo il quotidiano La Padania e ridimensionando drasticamente Radio Padania (ora trasmette solo sul web). E malgrado questo continua a spendere più di quanto incassa.
Il 2017 in dettaglio. Il bilancio si è chiuso in rosso per 1.117.398 euro. Nelle casse leghiste sono entrati 2.886.000 euro, arrivano quasi tutti dal 2×1000 (1 milione e 900mila euro) e dalle erogazioni volontarie dei parlamentari (poco meno di un milione di euro: 969.715). Alcuni esempi: Matteo Salvini ha donato 36mila euro, Giancarlo Giorgetti 48mila, Stefano Candiani 42mila, Raffaele Volpi 51mila.
Le spese sono state di 4 milioni. E i debiti, tra il 2016 e il 2017, sono passati da 1,5 a 1,8 milioni, a fronte di crediti per 786mila euro. Al passivo di oltre un milione di euro ora vanno aggiunti i 600mila che ogni anno, fino al 2094, saranno prelevati dallo Stato. Come può fare politica un partito in queste condizioni?
Il tesoro. Ripartiamo dal via: la salvezza è in Parlamento. Camera e Senato ogni anno erogano circa 50 milioni di euro ai gruppi parlamentari. Questi fondi sono distribuiti in proporzione alla dimensione dei gruppi: in media vengono concessi 47mila euro per ogni deputato e 59mila per ogni senatore. Nell’ultimo anno della passata legislatura la Lega poteva contare su 22 deputati e 17 senatori, ciascuno dei due gruppi ha fruttato al Carroccio circa 1 milione di euro. Oggi la Lega ha 125 deputati e 58 senatori: i contributi per i gruppi di Salvini si avvicineranno – a spanne – a 6 milioni di euro per la Camera e 3 milioni e mezzo per il Senato.
Denaro che dovrebbe finanziare solo l’attività parlamentare, ma al quale i partiti attingono in modo sempre più spregiudicato dopo l’abolizione dei rimborsi elettorali. Così la Lega potrà “scaricare” una parte consistente dei suoi costi correnti – personale, manifestazioni e altre iniziative politiche – sul bilancio dei gruppi parlamentari.
E poi ci sono le donazioni. Deputati e senatori leghisti versano in media la bellezza di 3mila euro al mese al partito. Nel 2017 – ultimo anno della passata legislatura – il totale delle donazioni è stato di 1 milione e 310mila euro. Con le attuali pattuglie di Montecitorio e Palazzo Madama le donazioni dovrebbero esplodere a una cifra vicina ai 6 milioni e mezzo l’anno. Insomma: tra contributi ai gruppi e donazioni dei parlamentari a partire dal 2018 la Lega potrà contare su oltre 12 milioni di euro che l’anno prima non esistevano.
Bad company. In attesa della sentenza sui soldi del suo partito, Matteo Salvini aveva già provveduto a “sdoppiare” il Carroccio. Da fine 2017 la Lega Nord per l’Indipendenza della Padania è stata affiancata dalla Lega Salvini Premier: la vecchia Lega “verde” secessionista è stata di fatto superata dalla nuova Lega “blu” nazionalista. Entro la fine dell’anno il nuovo soggetto dovrebbe celebrare il suo congresso fondativo.
Nei fatti il passaggio c’è già stato: la vecchia Lega Nord indebitata dovrebbe rimanere in vita praticamente come una scatola vuota, dalla quale lo Stato continuerà a prelevare il denaro che gli spetta. La nuova Lega di Salvini è una macchina in corsa da Nord a Sud. Arricchita dalla pioggia di denaro proveniente dai suoi gruppi parlamentari (e magari, con la crescita del consenso, da un aumento dei fondi del 2×1000).