Incoraggiare la vaga promessa del governo gialloverde di abbassare il deficit, ma comunque andare avanti nell’iter che inesorabile porterà alla pesante procedura sul debito italiano. È questa la linea dei governi europei, i cui ministeri delle Finanze oggi pomeriggio in video conferenza approveranno il nuovo step previsto dalle regole Ue. In termini tecnici, dopo il rapporto sul nostro debito approvato dieci giorni fa dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 126,3 del Trattato, oggi dalle capitali arriverà l’ok all’articolo 126,4. Un altro passo avanti, con l’unanimità dei governi che non crede alla “manovra del popolo”, smontata con 5 pagine di analisi. Ma visto che tutti vogliono evitare uno scontro che potrebbe avere ripercussioni sull’intera eurozona, tra Bruxelles e le capitali si sta ragionando di dare più tempo a Roma e spostare l’avvio della procedura dal 22 gennaio al 12 febbraio. Opzione al momento data per altamente probabile. La situazione italiana non fa paura soltanto all’Europa ma anche agli Stati Uniti tanto che ieri il presidente della Fed Jerome Powell ha citato Roma dicendo che le trattative sulla manovra italiana sono tra «le fonti di rischio che possono innescare stress in qualsiasi momento» sui mercati.
All’unanimità, alle cinque e mezza di oggi le capitali daranno il via libera all’analisi della Commissione europea sui nostri conti: « Raccomandiamo una procedura per la violazione della regola del debito», sarà la conclusione politica del documento. Testo che verrà approvato con quasi una settimana di anticipo rispetto al previsto e che lunedì planerà sul tavolo dei ministri della moneta unica riuniti a Bruxelles per l’Eurogruppo. Ma oggi gli sherpa (a nome dei loro ministri) potrebbero riconoscere formalmente l’esistenza della trattativa tra Italia ed Unione avviata (per ora senza grandi risultati) dopo la cena di sabato scorso tra Juncker e Conte. In una parentesi graffa in fondo al testo ( da vedere se oggi passerà) si legge: «Ulteriori elementi possono essere presi in conto dalla Commissione e dal Consiglio (i governi, ndr) prima di ogni altro passo procedurale » . Insomma, per gli europei il 2,4% di deficit viola le regole dell’eurozona in quanto non permette di tagliare il debito monstre italiano (131% del Pil), ma un compromesso può essere ancora trovato. Su quel compromesso, hanno lavorato ancora ieri — prima della partenza del presidente del Consiglio per il G20 di Buenos Aires — i vicepremier Di Maio e Salvini insieme allo stesso Conte.
Un vertice che ha riguardato anche altri provvedimenti su cui trovare la quadra, a partire dalla Legge europea che arriva domani in aula alla Camera ( i 5 stelle vorrebbero tenerci dentro una norma contro i certificati bianchi agli inceneritori), ma che ha soprattutto stabilito la linea da tenere nella riunione cruciale tra Conte e Juncker. «Non sarà una cena, sarà un incontro di lavoro vero » , ha detto a Porta a Porta il sottosegretario M5S Vincenzo Spadafora. Il premier cercherà di convincere il presidente della Commissione che per fare in modo che la manovra non pesi sul debito, basterà spostare tutti i risparmi previsti sugli investimenti. Solo in un secondo momento, sondata la reazione dell’Europa, si darà disponibilità a tagliare di 2 decimali il deficit, dal 2,4 al 2,2 (a fronte di una richiesta europea che vorrebbe almeno il 2). « Per me, se ci assicuriamo il tombale sul 2,2 possiamo chiudere » , dice il presidente leghista della Commissione Bilancio Claudio Borghi. Scoprendo carte ancora ballerine. Perché se la viceministra all’Economia Laura Castelli scommette che quota 100 « costerà meno perché molte categorie, per il divieto di cumulo, non vorranno accedervi » , il Carroccio fa invece i conti con tutti i paletti che vorrebbe imporre al reddito di cittadinanza ( già cambiato tra quozienti familiari, proprietari di casa e Isee).
Il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha parlato nell’aula del Senato dicendo: « Non accetto lezioni dai governi di centrosinistra », ma senza anticipare nulla (e nonostante questo ha ottenuto il plauso dell’ex premier Mario Monti).