Tocca al premier Giuseppe Conte tracciare la strategia italiana alla vigilia del Consiglio Europeo per disinnescare il rischio di procedura di infrazione. Il presidente del Consiglio con la lettera di sei pagine inviata al presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, e ai 27 paesi membri intende fare valere le ragioni del governo. La mossa dell’esecutivo italiano è il taglio dei 2 miliardi di fondi ministeriali che nell’ultima manovra era stato accettato di congelare a ulteriore garanzia di tenuta dei conti pubblici. Bruxelles dovrebbe quindi essere rassicurata dai benefici sul deficit grazie alla cancellazione di quei circa 2 miliardi di spesa pubblica. «Siamo tutti determinati ad evitare la procedura, ma siamo — precisa Conte — anche convinti della nostra politica economica». La linea, del resto, è quella di dialogo costruttivo. «Rispettare le regole europee, senza che ciò impedisca che ci facciamo anche portatori di una riflessione incisiva su come adeguare le regole». Un percorso che Conte, supportato soprattutto dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, tenta di condividere, sebbene a fatica, nel vertice di ieri mattina con i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, e poi qualche ora più tardi con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Al premier non sfugge inoltre che le prossime settimane saranno utili per fare valere il peso italiano nella scelta dei nuovi commissari europei. Tanto da spingerlo a dire che il governo può ottenere «un commissario economico». Sul fronte dei conti pubblici Conte in aula al Senato riassume il piano con la bozza della legge di assestamento di bilancio destinata al consiglio dei Ministri di ieri sera. «Un aggiornamento per certificare il quadro positivo dei conti pubblici e avere un documento ufficiale del Consiglio dei ministri, da portare nelle sedi opportune per l’interlocuzione con la Commissione e dimostrare che sono le nostre stime a prendere il sopravvento, non quelle di altri». La crescita è, insomma, indispensabile come ricorda il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, spiegando: «Abbiamo un debito pubblico crescente e dubbi che riusciamo a sostenerlo, è possibile ma serve una crescita che superi l’onere dell’interesse sullo stesso debito». Un equilibrio destinato a scontrasi con la determinazione di Salvini a varare la flat tax. Non a caso il vicepremier utilizza toni poco concilianti: «Stiamo lavorando con i tecnici per uno choc fiscale con un taglio delle tasse. Sono convinto che l’Ue permetterà all’Italia di crescere, alcuni vincoli — specifica — sono stati studiati a tavolino per aiutare qualcuno come Parigi e Berlino e fregare tutti gli altri, ma di governi fessi non ce ne sono più». A fornire un assist al negoziato di Conte con Bruxelles potrebbe essere Juncker, quando dice:«Se fossimo stati rigidi nell’approccio alle regole fiscali, Spagna e Portogallo non avrebbero avuto una crescita robusta e non avrebbero corretto le loro finanze».
Intanto sul versante interno le tensioni tra Lega e M5S continuano a fare fibrillare il governo. Un emendamento al decreto Crescita, presentato dal partito di Salvini, ha alimentato lo scontro sull’utilizzo dei fondi per lo sviluppo e la coesione destinati al Mezzogiorno. In tarda sera è stato tuttavia raggiunto un accordo. Se fossimo stati rigidi sulle regole fiscali, Spagna e Portogallo non avrebbero avuto una crescita robusta