«La stabilizzazione della Libia è un cammino concreto che passa anche dal rafforzamento dell’intesa tra Italia ed Emirati Arabi Uniti e sulla consapevolezza di una opportuna convergenza anche tra Roma e Parigi» in merito al dossier del Paese maghrebino. È quanto afferma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un colloquio con la Stampa alla luce del vertice di Abu Dhabi tra Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar, il primo tra i due dal summit di Palermo.
Parlando di Libia in questo momento la valutazione è chiara, «non bisogna limitarsi esclusivamente agli interessi economici ma dobbiamo evitare pericoli prossimi, tra flussi migratori, traffici illeciti di tutti i generi e minaccia terroristica che potrebbero avere una escalation». Secondo il premier, con la prospettiva di qualche migliaio di combattenti in fuga dalla Siria e dalle zone dell’ex califfato «è facile pensare a un loro trasferimento in territori instabili come la Libia e altri Paesi del Sahel». Ecco pertanto la necessità tassativa di procedere con convinzione sul cammino della stabilizzazione del Paese nordafricano. «Se non c’è un accordo Sarraj-Haftar non si va da nessuna parte», afferma Conte secondo cui «gli Emirati stanno dando una grande mano in questo senso».
Un’intesa strategica quella col Paese del Golfo frutto del ruolo svolto in prima persona dallo stesso premier: «Sono andato due volte ad Abu Dhabi e ho avuto due colloqui diretti con Sheikh Mohammed bin Zayed, oltre a quelli telefonici, che ci hanno permesso di costruire un rapporto di fiducia da cui è nata una strategia comune». Strategia condivisa a suo modo con lo stesso presidente egiziano Al Sisi con cui Conte ha avuto modo di parlare nel corso del summit Lega araba-Unione Europea, del 24 febbraio a Sharm El Sheikh. Ma sul Mar Rosso il presidente del Consiglio ha avuto soprattutto modo di parlare con lo stesso Sarraj: «È stato un lungo e serrato incontro alla presenza delle delegazioni e proseguito a tu per tu durante una pausa del vertice».
La sensazione è che il premier abbia voluto mettere in guardia il collega libico sul fatto che la sua debolezza rischierebbe di decretarne il fallimento politico se non ci sarà un accordo con Haftar. Un avviso provvidenziale specie perché il giorno successivo Sarraj è partito proprio per Abu Dhabi. I due leader libici, ed è questo l’elemento rilevante, non si vedevano dalla Conferenza di Palermo. In Sicilia «abbiamo organizzato una riunione riservata alla presenza di altri importanti attori internazionali, un passaggio cruciale». Da allora Sarraj e Haftar si sono parlati solo per mezzo di emissari e, alcuni mesi fa, si sono mancati a Roma per una questione di ore dovuta ai rispettivi voli.
Un appuntamento importante quindi quello nella città del Golfo: «La Libia va assolutamente stabilizzata e stiamo cercando di procedere su questo binario puntando a una convergenza sulla proposta che prevede una riformulazione dell’attuale Consiglio presidenziale e la creazione di un Consiglio di sicurezza nazionale fatto da pochi membri tra cui Sarraj e Haftar». Un modo per superare la cronica contrapposizione sul comando supremo delle forze armate, col generale che non vuole sottomettersi a una figura politica e Sarraj che non vuole che l’uomo forte della Cirenaica abbia mano libera con esercito, marina e aeronautica. In questo modo non ci sarebbe sottomissione tra l’uno e altro ma ci sarebbe un comando politico collegiale delle forze armate in seno al quale – questa l’ipotesi più accreditata – ciascuno dei due mantiene diritto di veto. «In questo senso, come spiega l’inviato Onu Ghassan Salamè, un accordo c’è – afferma Conte – ma mentre dal lato di Haftar vi sono meno problemi, dal lato di Sarraj vi sono incognite sulle possibilità reali di portarlo ad attuazione». Il riferimento è alla difficoltà che il presidente del Governo di accordo nazionale (Gna) potrà incontrare nello sdoganare questo piano con le milizie che lo sostengono, ed è per questo che risulta cruciale il dialogo anche con le formazioni che controllano Tripoli, magari profilando un’integrazione di parte di esse nelle future forze di sicurezza.
In tutto questo la Francia che ruolo ha, specie dopo i dissidi con l’Italia? «Parigi è informata. I nostri due Paesi hanno continuato a lavorare a tutti i livelli sul dossier libico, dall’intelligence in poi, non c’è divergenza sulla necessità di pervenire quanto prima alla stabilizzazione della Libia». Il premier spiega che tra Italia e Francia c’è stata «una differenza di metodo, di approccio, come quella di fissare elezioni a tutti i costi: metodi del genere rischiano di risultare impositivi e non portano a nulla». Conte tiene a precisare che la politica estera del governo gialloverde si basa «su un approccio inclusivo e rispettoso, nell’assoluto rispetto del principio di autodeterminazione del popolo libico». Sulla Libia potrebbe definirsi l’inizio di una nuova fase nei rapporti tra i due Paesi: «Al momento con Parigi c’è convergenza di obiettivi e un aggiornamento costante».
I rapporti tra Italia e Francia toccano anche l’intricato nodo della Tav sul quale il premier non si sente di chiudere. «Ponti ha fatto un supplemento di integrazione – avverte -, io ho semplicemente detto che se fosse necessario, una volta riuniti intorno al tavolo con i ministri competenti e con dossier e documenti alla mano, potremmo chiedere un supplemento di indagine. Se dovesse emergere qualche profilo di quella valutazione costi-benefici che merita approfondimento chiederò agli esperti che hanno redatto quella relazione e, in piena trasparenza, condurremo questo percorso e comunicheremo il risultato.