Le cariche di vertice in Confindustria ultimamente non sembrano portar bene. Lo sa Luigi Abete, lo stampatore past president dell’associazione, alle prese con la rivolta dei giornalisti della sua agenzia di stampa Askanews che ha presentato richiesta di concordato preventivo in continuità e vuol licenziare 23 giornalisti su 76. Il bolognese Gaetano Maccaferri, ex numero due di Viale dell’Astronomia deve misurarsi con il piano di rientro per le società industriali finite in concordato. Il presidente degli industriali del Lazio, Filippo Tortoriello, è stato chiamato a gestire la liquidazione del gruppo Gala da lui stesso fondato. Lisa Ferrarini, vicepresidente per l’Europa, ha la sua azienda agroalimentare in concordato preventivo in continuità.
Dal 23 dicembre lo sa anche il “quasi past” Vincenzo Boccia, amministratore delegato delle Arti Grafiche Boccia (Agb) di Salerno che ha depositato in tribunale un accordo di ristrutturazione del debito basato sull’articolo 182 bis della legge fallimentare. Agb spiega che i conti non sono a rischio perché l’accordo con i creditori, che rappresentano almeno il 60% dei debiti, è integrato da un aumento di capitale già realizzato da 1,3 milioni e da investimenti per 10 milioni previsti nel prossimo anno e mezzo, oltre all’acquisizione del cliente Msc Crociere a novembre e a un nuovo contratto di filiera che a fine gennaio porterà “un partner strategico e complementare per crescere nel segmento della GdO”. Ora il tribunale fisserà un’udienza per accertare le condizioni per l’integrale pagamento dei creditori.
Ma le tensioni finanziarie non sono una novità per l’impresa fondata nel 1961 a Salerno da Orazio Boccia, padre del presidente uscente di Confindustria. Già a giugno 2016 la società emise una cambiale finanziaria a un anno da un milione, che pagava un tasso di interesse del 5,15%. Il prospetto spiegava che “pur non ravvisandosi una stringente dipendenza da alcuna delle singole controparti, la numerosità dei principali clienti è scarsa ed eventuali defezioni e/o perdite commerciali riferite a uno o più clienti potrebbero impattare negativamente sulla situazione economico-finanziaria”. Unicasim, “sponsor” della cambiale, giudicò “scarsa” la qualità creditizia di Agb per la “capacità sufficiente di onorare i debiti a breve termine che invece non è garantita a medio-lungo”. Nel 2016 l’utile fu di meno di 18mila euro su ricavi netti scesi a 38 milioni dai 39,7 del 2015, con 35,6 milioni di debiti dei quali 11,8 verso fornitori e 21 verso banche. Per il 2017 le banche dati riportavano un fatturato in crescita a 42,4 milioni ma anche una perdita di circa 3 milioni.
Agb risponde che “le cause della crisi sono da rintracciarsi nel contesto del settore che sin dal 2011 è in contrazione”. E che “per la propria forza industriale e solidità” ha “risentito della crisi di settore solo nel 2017 per poi acuirsi nel 2018” e dunque “non è vero che versa già da anni in condizioni di insolvenza. Nel 2016 Agb presentava una posizione finanziaria netta di 22 milioni con un patrimonio netto di 15 milioni, asset materiali per 17,5 milioni e un margine operativo lordo (Ebitda) di 2 milioni, pari all’8% del fatturato, esattamente in linea con la media dei competitori”. Tuttavia, prosegue la società, “per quanto il business della società fosse solido, l’insolvenza di taluni clienti, che hanno causato significative perdite su crediti e una conseguente contrazione del fatturato, e una struttura dei costi centrali che, a seguito del calo del fatturato, è divenuta sovradimensionata rispetto alle esigenze aziendali penalizzando la redditività e la capacità dell’impresa di generare flussi di cassa, hanno contribuito alla necessità di procedere nell’interesse di tutti gli stakeholders (dipendenti e creditori in primis) al risanamento. Perciò ha predisposto e sta negoziando con i propri creditori finanziari il piano di ristrutturazione”. “Informazioni ulteriori (i bilanci 2017-2018, ndr) non possono essere comunicate senza violare la simmetria informativa”, spiega Agb che ribadisce che “Il Sole 24 Ore non è cliente” e che “non è previsto un piano di ridimensionamento dell’organico”. Ma da giugno a settembre Agb ha messo in cassa integrazione ordinaria a rotazione una ventina dei 180 dipendenti. Era stata già usata tra marzo e giugno del 2018.
Il 23 gennaio, intanto, inizierà formalmente il percorso per la successione a Boccia, con il consiglio generale di Confindustria che nominerà i “saggi” per consultare la “base”. Gli industriali di Brescia candidano il loro presidente Giuseppe Pasini, a capo di Feralpi, gruppo siderurgico con un fatturato di 1,3 miliardi. In corsa c’è anche il presidente di Assolombarda, il milanese Carlo Bonomi sostenuto da Gianfelice Rocca, patron di Techint, e dal past president Marco Tronchetti Provera. Un altro past president, Antonio D’Amato, spinge la candidatura di Andrea Illy. Dietro la corsa della piemontese Licia Mattioli ci sarebbero invece ben tre ex presidenti: Abete, Boccia ed Emma Marcegaglia. Non sono noti invece i kingmaker dietro Emanuele Orsini, presidente di Federlegno Arredo. Viste le disavventure degli ex vertici tornano in mente le parole di Vulvia – Corrado Guzzanti sugli “spingitori di cavalieri”: “Si affrontavano come leoni per niente, si battevano in estenuanti tornei… perché lo facevano?”.