C’è malessere in Confindustria. Per le politiche del governo che non aiutano l’industria e il lavoro; per una questione morale che riguarda — di nuovo — anche il sistema delle imprese. Dovrà tenerne conto oggi Vincenzo Boccia, presidente dell’associazione, che, all’Auditorium di Roma, leggerà la sua ultima relazione all’assemblea, presente Sergio Mattarella. Poi partirà di fatto la corsa per la scelta e l’elezione (nel 2020) del nuovo presidente.
Salito al vertice della Confindustria in piena stagione renziana (decisamente pro-imprese), Boccia ha affrontato con difficoltà l’inedita stagione del governo populista Di Maio- Salvini, dichiaratamente anti- establishment con tendenze protezionistiche in economia.
La lobby delle imprese (un tempo assai potente) ha così oscillato tra la tentazione di andare all’opposizione e quella di sfruttare ogni minimo segnale per costruire un rapporto con i nuovi governanti. Così è rimasta nel limbo. Alimentando il malessere delle imprese del Nord. Che avrebbero voluto una Confindustria battagliera. Avrebbero voluto marcare le distanze tra il “partito del Pil” e “il partito della spesa”. E non a caso ieri, durante i lavori dell’assemblea privata di Confindustria, il presidente degli industriali di Vicenza, Luciano Vescovi, ha annunciato per oggi una sorta di “sciopero dell’applauso” nei confronti del governo.
La linea confindustriale di questi ultimi anni ha pagato poco. Probabilmente ha scalfito anche l’immagine e l’identità della confederazione, incapace di uscire dai temi della stretta rappresentanza di imprese. Insomma, mai una netta presa di posizione sui migranti, sulle questioni dei diritti, sugli ambiti culturali. Che pensa, per esempio, la Confindustria, dell’abolizione del tema di storia alla maturità visto che ha anche una università?
C’è poi una questione morale, deflagrata dopo la condanna a 14 anni ad Antonello Montante, per anni vicepresidente (con Emma Marcegaglia e poi Giorgio Squinzi) e anche delegato alla legalità, con la gravissima accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e per rivelazione di notizie riservate. Insieme a Montante è stato condannato (sei anni e quattro mesi) anche Diego Di Simone, capo della sicurezza della Confindustria. Una bomba che Viale dell’Astronomia ha fatto finta di non sentire. Non un commento. Al silenzio sul “sistema Montante” è seguita la decisione dei probiviri di far decadere da ogni incarico il condannato. Punto.
Pochi giorni dopo la sentenza su Montante è arrivata la notizia dell’inchiesta che vede coinvolto, con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, il presidente della Confindustria Lombardia, Marco Bonometti. Ma non è finita: sono già stati rinviati a giudizio per falso in bilancio Benito Benedini, ex presidente del Sole 24 Ore (il quotidiano della Confindu-stria), Donatella Treu, ex amministratrice delegata del gruppo editoriale, e Roberto Napoletano, ex direttore del giornale. E poi i tanti imprenditori al vertice delle strutture nazionali e territoriali in gravi difficoltà. Due esempi: quello della vicepresidente con la delega all’Europa, Lisa Ferrarini, il cui gruppo è oggi in concordato preventivo, proprio come la Gela di Filippo Tortoriello, capo degli industriali di Roma e Lazio.
Anche da qui la crisi di rappresentatività. E anche da qui l’offensiva settentrionale. C’è un dato pressoché scontato: il prossimo presidente dovrà essere espressione del Nord (Boccia, 55 anni, è un piccolo imprenditore grafico del Mezzogiorno). Ed è per questo che si rafforza sempre più l’ipotesi di una scalata di Carlo Bonomi (52 anni), attuale presidente della potente Assolombarda (gli industriali di Milano, Lodi, Monza e Brianza). Bonomi è presidente di Synopo, piccolo gruppo che opera nel settore del biomedicale. Lavora da tempo alla sua candidatura, ha girato per tutte le strutture territoriali, mettendo in qualche imbarazzo Roma. Ma chi può sfidare Bonomi? Innanzitutto Edoardo Garrone (57 anni), presidente della Erg e anche del Sole 24 Ore , già vicepresidente nazionale. La sua sarebbe una candidatura voluta dalla vecchia guardia (in particolare Marcegaglia) che vede in Bonomi il protagonista di una possibile “rupture”.
L’avviso di garanzia sembra aver tolto dalla gara Bonometti. Potrebbe emergere la candidatura di Matteo Zoppas (45 anni), presidente della Confindustria del Veneto, per quanto le tradizionali divisioni regionali non l’aiutano. Più solida, come alternativa a Bonomi, potrebbe invece essere quella di Giuseppe Pasini (57 anni), presidente degli industriali di Brescia, alla guida del gruppo siderurgico Feralpi. Infine Fabio Storchi (70 anni), leader degli industriali di Reggio Emilia, già presidente della Federmeccanica, che potrebbe rappresentare il capitalismo emergente emiliano. Siamo solo ai nastri di partenza. E molti potrebbero accontentarsi di una vicepresidenza, una poltrona. Declino confindustriale.