L’Italia che genera futuro non è solo un auspicio ma una ferma convinzione, oltre che il titolo della giornata organizzata ieri dall’Economia del Corriere della Sera a Palazzo Mezzanotte, a Milano. Per costruire un futuro migliore è imprescindibile però uno scatto che passi attraverso l’innovazione tecnologica che proprio l’ultimo anno di pandemia ha consacrato come il fattore che farà la differenza in tutti i settori, nel breve e lungo periodo.
«In questo anno appena passato il nostro Paese ha fatto un salto digitale persino sorprendente – afferma Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale, intervenuto anche lui all’appuntamento de L’Economia – ma adesso, per un ulteriore balzo, serve un’innovazione strutturale: a cominciare dalla digitalizzazione della Pa. Questo governo, tra le tante cose, punta anche a una pubblica amministrazione che dia alle imprese e ai cittadini garanzie di tempi certi e semplificazione di processi. Per farlo servirà anche un cambio generazionale. Faccio un appello alle Pmi italiane: assumete giovani qualificati. Non conosco nessuno che si sia pentito di aver assunto un giovane sovraqualificato e magari specializzato in materie tecnico scientifiche. Da loro passa il destino di crescita per questo Paese».
Un cambio di passo della Pa che serve alla macchina di Stato e all’economia reale. «Dopo mesi di emergenza sanitaria – spiega Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera – è arrivato il tempo di occuparci di economia reale, di rilancio e di imprese che hanno tutti i numeri per trainare il Paese verso la crescita. Ma la ripresa non basta, ora bisogna correre, come hanno saputo fare le aziende eccellenti di tutta la penisola, anche in un periodo tra i più complessi della storia italiana».
Ci sono mille fondati motivi per credere in un futuro positivo per il nostro tessuto economico. Si tratta delle Piccole e medie imprese individuate per l’Economia del Corriere della sera dal Centro studi di ItalyPost: sono i mille Champions, le Pmi eccellenti del made in Italy. I loro bilanci 2020 e, più ancora, le loro prime trimestrali 2021, vanno di corsa, anticipano già tassi di crescita a due cifre. Risultati che sembrano provenire dal futuro. Come se la campagna vaccinale fosse stata completata e i fondi europei fossero già nelle casse delle aziende.
I Champions sono già chiaramente una delle locomotive del sistema economico produttivo italiano. È vero, singolarmente, fatturano tra i 20 e i 500 milioni, ma tutti insieme valgono 85 miliardi di fatturato (dati 2019, gli ultimi completi e approvati alla chiusura della ricerca): più del primo gruppo italiano nella classifica di Mediobanca, il doppio della manovra economica 2020.
Soprattutto: se queste aziende sono entrate nella classifica delle Top 1000, è perché hanno superato l’esame di sei anni di bilancio sui fronti dello sviluppo, della redditività, della solidità finanziaria. Realtà come Pqe Group, VeraLab, Mulino Caputo, Famar, coi loro interventi all’evento in Borsa, hanno spiegato bene il segreto di queste imprese eccellenti che costruivano il loro successo ben prima dell’avvento della pandemia e poi sono diventate il centro della resistenza alla crisi nell’anno pandemico. Adesso, insieme ai pochi grandi gruppi del Paese, si candidano a confermarsi come asse portante di una ripartenza che, ai loro ritmi, sarebbe da boom senza precedenti.
Si parla di una crescita media che inanella numeri da primato: 10% l’anno tra il 2013 e il 2019. Redditività nell’ultimo triennio: 17%. Situazione finanziaria complessiva: 4 miliardi di cash e 54,7 miliardi di patrimonio netto. Ritorno sul capitale: quasi il 15%. Non esiste alcun investimento al mondo che renda altrettanto. C’è un filo conduttore che vale per tutti e che emerge tra le pieghe delle singole strategie spiegate sul palco di Palazzo Mezzanotte: i Champions gli utili li reinvestono in azienda, per dare slancio a un domani che possa correre più dell’oggi. Le crisi le battono così, scommettendo sul proprio business, innovando, diventando sempre più competitivi su scala globale, costruendo i presupposti per una ripresa più rapida possibile. È così che si genera un futuro migliore.