Vale 66 milioni di euro il cambio di proprietà del gruppo della grande distribuzione Coin, passato dal fondo internazionale Bc Partners a una cordata italiana riunita nella newco Centenary. Ma i compratori secondo le indiscrezioni verseranno, in termini di risorse proprie (cioè il cosiddetto equity), 18 milioni di euro. La struttura finanziaria dell’operazione prevede anche un prestito di 25 milioni di Intesa Sanpaolo e, infine, 23 milioni ottenibili tramite una distribuzione di riserve da Coin a Centenary, da effettuare dopo l’acquisizione. Il prezzo da parte di Centenary sarà dunque pagato in due tranche.
Il parterre dei nuovi soci è numeroso. Il 25% della newco farà infatti capo al management di Coin. Il restante 75% vede i pacchetti azionari maggiori in mano a cinque soci, tra questi Enzo de Gasperi (a capo del gruppo di prodotti per la casa Edg), l’imprenditore della moda Alessandro Bastagli, Jonathan Kafri (proprietario del gruppo fiorentino di abbigliamento Sicem e attivo anche nell’alberghiero), Giorgio Rossi (del gruppo immobiliare Rossi Scarpa Gregorj) e il trust Elarof tramite un fondo di diritto maltese facente capo a un altro imprenditore italiano. Diversi anche i piccoli investitori di minoranza nel veicolo, tra i quali l’amministratore delegato di Ovs Stefano Beraldo, che tuttavia avrebbe avuto un ruolo importante nell’ideare e costruire la cordata italiana. C’è da dire che molti di questi imprenditori sono vecchie conoscenze del mondo Ovs, in quanto erano stati coinvolti nell’offerta su Charles Voegele Holding, retailer svizzero nel settore della moda.
Chiuso l’accordo (dove consulenti legali sono stati gli avvocati di Gianni Origoni Grippo Cappelli e Latham Watkins) ora l’obiettivo sarebbe quello di dare slancio al marchio, farlo ripartire aumentando ricavi e redditività e, probabilmente, rivenderlo nel giro di 5 anni.
Chiuso l’accordo (dove consulenti legali sono stati gli avvocati di Gianni Origoni Grippo Cappelli e Latham Watkins) ora l’obiettivo sarebbe quello di dare slancio al marchio, farlo ripartire aumentando ricavi e redditività e, probabilmente, rivenderlo nel giro di 5 anni.
Del resto, il fondo Bc partners aveva avviato ormai da un anno e mezzo un processo esplorativo per provare a cedere Coin, conferendo a questo scopo un incarico alla banca d’affari Rothschild. Tante le trattative che sono state avviate senza successo nel passato: ad esempio con i thailandesi di Central Retail Corporation, una sussidiaria della società thailandese Central Group of Companies, che nel 2011 ha rilevato il 100% della Rinascente. Ma anche con l’imprenditore Giorgio Girondi, presidente della Ufi Filters. Fino all’idea di costituire una cordata italiana per uscire dall’impasse. Del resto, il gruppo(che ha chiuso il 2017 con circa 400 milioni di ricavi e 12 milioni di margine lordo), negli ultimi dieci anni, era passato da un fondo di private equity all’altro: prima Pai che l’aveva rilevato dalla famiglia Coin e poi Bc Partners, passando dalle porte girevoli della quotazione in Borsa dove Coin è stata delistata nel 2011.