Innocenzo Cipolletta, fra i più ascoltati e importanti economisti e dirigenti d’azienda italiani, è stato nominato a fine aprile presidente della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza (Febaf) che organizza oggi a Trieste l’Eastern Europe Investment Forum (vedi box a lato). Fra i vari incarichi ricoperti negli anni, Cipolletta è stato presidente delle Ferrovie dello Stato dal 2006 al 2010 e direttore generale della Confindustria dal 1990 al 2000.
Professor Innocenzo Cipolletta, le crisi finanziarie e la pandemia come hanno cambiato l’Europa?
Come diceva Keynes, se cambiano i fatti cambiano anche le idee. Detto questo il processo di integrazione dell’Europa ha subito un rallentamento ma non si è fermato.
Il piano di aiuto europeo può essere paragonabile a un piano Marshall. In che modo potrà accelerare l’integrazione economica europea?
Non è un caso che Febaf abbia deciso di organizzare questo evento a Trieste, che possiamo considerare una capitale della finanza per la presenza di grandi compagnie. Il piano di rilancio europeo sarà un potente catalizzatore. Per la prima volta da cinquant’anni i Paesi industriali dovranno concentrare la loro azione sulla domanda interna: dal miglioramento delle infrastrutture a una maggiore efficienza dei servizi pubblici fino alla riconversione degli apparati produttivi in senso ecostostenibile.
Un grande motore di risorse.
C’è uno sforzo che prevede un enorme impiego di investimenti per la ricostruzione post-pandemia. Il piano (248 miliardi solo per l’Italia) apre un cambio di prospettiva molto importante.
Quale?
È cambiato un paradigma economico rispetto alle politiche di Maastricht. Dal dopoguerra ogni Paese europeo ha dovuto adottare misure stringenti di politica economica per essere più competitivo tagliando i costi attraverso la riduzione dei salari. Per raggiungere questo obiettivo la missione dei governi è sempre stata quella di contenere la spesa pubblica abbassando le tasse. Sul fronte industrale si è premuto l’acceleratore sull’export. Ecco, tutto questo modello è cambiato. Si è capito che gli investimenti sono più produttivi se destinati al rafforzamento del mercato interno. Soprattutto gli investimenti in sostenibilità e rispetto dell’ambiente come l’addio al carbone.
Un paradigma importante soprattutto per i Paesi dell’Est riconvertiti al mercato. Come valuta il processo di integrazione della finanza europea?
L’unificazione finanziaria è un potente motore di integrazione per l’Europa dell’Est.
I mercati dell’Est europea per decenni, grazie al basso costo del lavoro, hanno spinto le nostre imprese a delocalizzare a Est. Oggi invece la pandemia sembra avere accelerato fenomeni di reshoring, di ritorno a casa delle produzioni. È d’accordo?
A mio parere il reshoring è un fenomeno che resta contenuto. Piuttosto noto una tendenza all’ampliamento delle capacità produttive da parte delle imprese sul mercato domestico per poter rispondere in modo efficiente alle richieste del mercato. Allo stesso tempo la globalizzazione ha esaurito in parte la sua spinta, e non lo considero un fatto positivo.
Quando si presenta il Cigno Nero bisogna essere pronti.
Si è capito che per gestire le criticità (come può essere una grande pandemia) le catene lunghe della produzione possono essere rischiose. Come si è visto quando in Italia non si trovavano le mascherine. Nei primi mesi dell’emergenza abbiamo pagato le conseguenze dei tagli alla sanità e dei posti letto negli ospedali. Le economie e una società civile non possono vivere sul limite della propria capacità produttiva. Spero si sia imparata la lezione. I servizi publici devono poter essere utilizzati da tutti anche in presenza di eventi eccezionali non prevedibili.
Nel suo ultimo libro definisce l’Europa una startup innovativa.
L’Europa non sarà mai una nazione. Stiamo costruendo una istituzione nuova e mobile in grado di adeguarsi al mercato e a come cambia il mondo. Uno spirito che assomiglia molto a quello di una startup innovativa che deve saper mantenere un fondo di irrazionalità per avere successo, come ai tempi della Rivoluzione Francese. Sono convinto che il modello istituzionale dell’Europa sarà dominante nel mondo di domani. Detto questo all’Europa integrata economicamente serve una maggiore armonizzazione fiscale.
Come vede l’orizzonte dei mercati superata l’emergenza pandemia?
Prevedo una ripresa molto forte per l’Italia e per l’Europa che mi auguro durerà anche il prossimo anno. Ci sarà una ripresa dell’inflazione su livelli non preoccupanti.
Esiste un vantaggio competitivo dell’economia triestina grazie al porto e al suo ruolo di avamposto verso Est?
La capacità di mantenere uno sguardo verso l’Est Europa per Trieste è fondamentale. La città per tanti anni ha patito le divisioni di un mondo diviso fra Est e Ovest. Oggi torna a essere centrale grazie alla rivalutazione del suo porto che indubbiamente potrà beneficiare degli investimenti per la riconversione ecologica e sostenibile del Recovery Fund. Trieste potrà recuperare un primato industriale anche grazie al ritrovato dinamismo del porto.