Il cinema ripartirà con la Mostra di Venezia. Produttori, esercenti e attori interpellati dicono che «è un segnale forte, lo spettatore aveva bisogno d’essere incoraggiato». Il presidente della Biennale Roberto Cicutto ha confermato che il Festival (se andrà a buon fine la verifica di fine maggio col ministero su costi e sanificazione), si farà nei giorni previsti, dal 2 al 12 settembre. La formula è: nuove modalità (distanza, mascherine…) e proiettando lo stesso film in più sale. Un cartellone meno ricco, ha fatto capire Cicutto, ma la Mostra batte un colpo e c’è. Tra i film in predicato per Cannes che probabilmente verranno convogliati al Lido, Benedetta di Paul Verhoeven, Top Gun: Maverick con Tom Cruise, Tre piani di Nanni Moretti, Soul della Pixar.
Venezia si vuole proporre come laboratorio su scala nazionale. «Vedremo come le sale potranno dare una mano — dice Lionello Cerri, esercente all’Anteo di Milano e produttore — ma dipende da cosa farà Venezia. Le proiezioni di un singolo film al Lido, spalmato su più sale, usando la tecnologia si può estendere ad altre città». Nella transizione estiva tra chiusura e riapertura si parla di riscoprire anche il drive in. Cerri: «Noi abbiamo già le arene, nel caso del drive in bisogna vedere cosa costa attivare una serie di meccanismi, il sonoro, lo schermo, l’automobile e l’aria condizionata…».
«A me il drive in sembra soltanto un’idea romantica — dice Carlo Verdone — è una esperienza dei primi Anni 60, i tempi sono cambiati, oggi lo vedo possibile per una rassegna monografica. Io tra l’altro lo usai in una scena di Acqua e Sapone. È preferibile restare a casa sul divano e ti godi molto meglio un film».
Verdone è stato uno dei primi colpiti, l’uscita del suo film Si vive una volta sola è stato rinviato per il virus, il suo cosceneggiatore Giovanni Veronesi propone di mandarlo in streaming girando parte del ricavato agli esercenti: «Io il film l’ho pensato per uno schermo, e certo piuttosto che restare immobili…Però i contratti con le sale erano già stati firmati, come li rifai i soldi? Non la vedo facile, a meno di non chiudere accordi con più piattaforme».
Sul futuro, Verdone è realista: «Quando arriveremo al contagio zero, la gente avrà poi la forza psicologica di entrare in sala? Io non ne sono convinto. Fuggirà al primo colpo di tosse. Il dramma è che è un’industria enorme, elettricisti, truccatori, autisti, a parte molti attori che se la stanno passando male».
Dalla chiusura di fine febbraio a oggi, si sono persi 8 milioni di spettatori (rapportati allo stesso periodo del 2019), per un totale di 115 milioni di euro che mancano alla distribuzione.
Paolo Del Brocco è ad di Raicinema, primo polo produttivo: «Abbiamo dovuto rinviare Michele Placido su Caravaggio, Pieraccioni, Andò. È importante che Venezia si faccia, in qualunque forma seppure limitata, un bel regalo per tutto il settore, il protocollo di riapertura dovrà essere applicato a tutto il territorio, altrimenti il laboratorio non so cosa voglia dire. Quanto a 01 che distribuisce i nostri film si farà del tutto per aspettare l’uscita in sala: se perdiamo l’esercizio, perdiamo il cinema».
Andrea Occhipinti di Lucky Red ha pronto il piano B: «Ci stiano orientando sulle piattaforme, in autunno avremo altre uscite ed è inutile sovrapporle nelle sale. Sono più preoccupato come esercente, a Roma avevamo appena rinnovato il Quattro Fontane, la sala è chiusa, i lavoratori sono in cassa integrazione».
Giampaolo Letta ad di Medusa: «Sono d’accordo sulla deadline di fine maggio per Venezia, ma è una decisione che va presa tutti insieme, dobbiamo capire chi potrà viaggiare, la capienza, come strutturare un festival che sarà diverso dal passato. Lo streaming? Se temporaneo, ben venga. Per fortuna, il mostro film natalizio, con Abatantuono, l’avevamo già girato, in Finlandia. E così Supereroi di Paolo Genovese con Borghi e Jasmine Trinca. Ma abbiamo rinviato cinque progetti, e per altri che dovevano uscire ora, chissà cosa succederà…».
Claudio Bonivento: «Un produttore indipendente con questa crisi ha più difficoltà, approfittiamone per rivedere le regole, il cinema rischia di restare nelle mani di pochi soggetti forti, andrebbe ripresa la legge Veltroni dove il ministero garantiva una percentuale, oggi puoi produrre un film solo se poi va in tv».