Dietro il sorriso di Mário Centeno, il ministro delle Finanze di Lisbona eletto nel 2017 presidente dell’Eurogruppo, si avverte qualcosa che lui non osa esprimere a parole: si sente nei panni di Giovanni Tria. Sa cosa vuol dire essere ministro delle Finanze di un governo visto con sospetto da tutti. Prima che toccasse al suo collega italiano è capitato a lui, quando nel 2015 ha iniziato a rappresentare una maggioranza di socialisti, comunisti e trotzkisti portoghesi al tavolo dell’Eurogruppo. Centeno è un professore con un master in matematica e un dottorato in economia a Harvard. Nel suo ufficio sul Tago oggi sta scrivendo un bilancio che mira a un deficit dello 0,7% del Pil. Da qualche mese parla a nome del club dei ministri delle Finanze dell’area euro, ma ha un’esperienza personale da raccontare a chi governa in Italia: è possibile realizzare il cambiamento promesso agli elettori; ma non se si perde credibilità, se si genera un’incertezza paralizzante, se si rinuncia a far scendere sul serio il deficit e il debito pubblico.
Ministro, le forze di governo in Italia hanno vinto promettendo agli elettori misure da cento miliardi. Hanno diritto di mantenere? Possono farlo senza destabilizzare il Paese?
«L’Italia è una democrazia. Si è votato ed è nato un governo. Il processo decisionale in tutte le democrazie dell’area euro segue regole specifiche, che permettono ai governi di seguire strade diverse. Ma abbiamo anche regole comuni e condivise pensate per proteggere l’euro. L’Italia sa esattamente ciò che implicano queste regole e cosa significano. Accolgo con favore gli impegni del ministro Tria e di altri esponenti di governo».
Altri esponenti come il vicepremier Matteo Salvini?
«Sì, quello che ha detto il ministro Salvini la settimana scorsa. Dichiarazioni rassicuranti. Nell’area euro, ci sono cicli politici diversi e dobbiamo seguirli con fiducia, sapendo che misure di tipo diverso possano essere tutte decise sotto la stessa grande tenda: quella dell’unione economica e monetaria».
La Commissione Ue in anni recenti ha applicato le regole di bilancio in maniera flessibile. Può farlo anche con la prossima legge di Stabilità dell’Italia?
«Nel complesso abbiamo applicato il patto di Stabilità con molta saggezza. Se si guarda alle posizioni di bilancio dei 19 Paesi dell’euro, oggi c’è la disomogeneità più bassa mai registrata. Siamo riusciti a convergere su un indicatore che un tempo era molto variegato e questa diversità fra Paesi spesso si spiegava con ragioni ideologiche. Questo rassicura. Paesi diversi, con politiche diverse, sono stati capaci di rispettare le regole e la flessibilità esistenti. Noi all’Eurogruppo siamo un organo politico. Tocca alla Commissione Ue proporre un’opinione sulle bozze di legge di Stabilità, poi noi ministri decidiamo se adottarla. Siamo sempre stati capaci di fare una valutazione politica, che riflette tutti i punti di vista e risolve le differenze».
Uno deve dedurne che un po’ di flessibilità può anche esserci, ma l’Italia non deve esagerare?
«Un Paese dev’essere credibile, in molti sensi. Ma non mi piace parlare degli altri, dunque mi faccia raccontare la nostra esperienza qui in Portogallo. Anche noi fummo eletti sulla base di politiche diverse da quelle del governo precedente. Molti esprimevano preoccupazioni sulla nostra credibilità, sul nostro impegno a rispettare le regole, sulla capacità di mettere in pratica le politiche di cambiamento per cui eravamo stati votati».
Come avete fatto?
«Pian piano, siamo riusciti a mostrare con i numeri, con gli impegni e mantenendo la nostra rotta che può esistere un cambiamento compatibile con le regole dell’area euro. La credibilità verso gli altri Paesi e verso i mercati è assolutamente fondamentale. La comunicazione è importante in questo senso, ma poi i fatti sono decisivi».
Voi per certi aspetti ricordate noi: lunghi anni di bassa crescita e alto debito. Ma ora crescete di più e risanate i conti più in fretta. Cosa avete capito che a noi sfugge?
«La prenda come una risposta sull’esperienza portoghese. Non do una valutazione sull’Italia, quella non tocca a me. Per noi era importantissimo essere estremamente chiari e credibili. Dovevamo essere pronti a spiegare i dettagli e i risultati previsti da ogni misura e a dimostrare come ciascuna contribuisse agli obiettivi generali indicati sulla crescita, il deficit o altro. E poi un’altra cosa: ho sempre chiesto pazienza ai miei colleghi. Dovevamo dare tempo all’economia, perché si adattasse; dovevamo evitare di generare stanchezza verso le azioni del governo. Le misure non sono mai efficaci in un contesto di incertezza continua. Lo sono se attuate in modo graduale e prevedibile. Non credo ai Big Bang, ai grandi ingranaggi. Per essere efficaci e credibili, abbiamo tenuto la rotta perché eravamo stati eletti su quella base. Ma nella messa in musica siamo stati graduali. La cosa più importante a questo punto della ripresa è far crescere la fiducia».
Insomma il governo italiano deve eliminare l’incertezza il prima possibile ed essere trasparente sulle intenzioni e i risultati previsti?
«Sappiamo che tutte le economie funzionano molto meglio senza rischi e incertezze. Per questo avanzare passo passo è un buon metodo. Va fatto capire ai cittadini, ai partner Europei e ai mercati che si sta seguendo un percorso chiaro. Sono sicuro che questo è lo spirito di tutti i 19 ministri delle Finanze dell’area euro».
In Italia la ripresa frena: giù gli occupati, già la fiducia delle imprese, giù la produzione industriale. Pesa l’incertezza su cosa farà il governo?
«Le decisioni del governo vanno orientate a invertire questo trend. Non c’è una ricetta buona per tutti, ma un buon modo è presentare proposte credibili e mostrare che sono compatibili con il Patto di stabilità. Cioè con le dichiarazioni prodotte dallo stesso governo italiano».
Quanto in fretta pensa che debbano scendere il deficit e il debito di Roma nel 2019?
«Questo tocca alla Commissione, poi noi dell’Eurogruppo produrremo la nostra dichiarazione. Oggi l’atmosfera fra noi ministri è cambiata, la capacità di raggiungere compromessi è chiaramente superiore a quella di qualche anno fa. Sa cosa aiuta e rassicura? Quando i ministri capiscono i contenuti e gli effetti delle politiche che un Paese propone e vedono che rispettano il percorso comune che abbiamo stabilito».
Cioè un calo del deficit strutturale, al netto delle misure «una tantum» e delle fluttuazioni dell’economia, per chi ha alto debito?
«Di questo il ministro Tria è perfettamente consapevole. E lo stesso vale per il Portogallo».
Teme che se l’Italia non rispetta le regole, la Germania diventi più refrattaria ai compromessi necessari a rafforzare l’area euro?
«È importante creare una spinta positiva quando l’Italia presenta i suoi piani di bilancio, che generi fiducia. Avete già fatto moltissimo, siete stati leader nella riduzione dei rischi, per esempio sui crediti deteriorati e il rafforzamento delle banche. Questo ha reso le nostre discussioni nell’area euro più facili. Certo se uno si muove in direzione opposta, ottiene i risultati opposti. Ma credo che tutti cerchino di dare un contributo positivo».