La riflessione che viene immediata consultan do i dati sulle Pmi top performing d’Italia che troverete in queste pagine riguarda un primo lusinghiero bilancio della stagione Covid. È indub bio che la parte più dinamica dei Piccoli ha saputo trovare le risorse imprenditoriali e mentali per su perare la nottata e non compromettere la crescita delle aziende.Nonera scontatoedobbiamosaluta re con soddisfazione questo risultato.
Sarà interessante prossimamente incrociarlo con i dati di Movimprese sulla natalità/mortalità in modo da avere un quadro più ampio:fotografare le «lepri» sì, ma dotarsi anche di un’istantanea della reazione del corpo centrale delle piccole imprese. Non di mentichiamo che il preceden te choc — che come ben sap piamo aveva caratteristiche molto differenti — ovvero la crisi finanziaria iniziata nel 2008 aveva determinato una drastica selezione e la fuoriu scita dal mercato di migliaia e migliaia di Piccoli (è vero però che la crisi si abbinò con l’invasione delle produzioni cinesi nel basso di gamma),
non siamo più laGrecia-bis lo dobbiamo permolta parte alla forza del nostro manifatturiero e alla sua insostituibilità nelle grandi catene del valore.
Reso a Cesare ciò che gli spetta, è interessante sottolineare almeno altre tre elementi o conferme che arrivano dall’indagine sui Champions: a)Non sene voglia a male il capitalismo leggero del made in Italy del design e della moda, ma il cuore delle Pmi resta saldamente meccanico e nessuna trasforma zione tecnologica o mutamento dei mercati sembra aver messo in discussione questa leadership; b) È interessante come dopo la meccanica ci sia un testa a testa per la seconda posizione tra il settore chimico-farmaceutico e l’alimentare; c) Se sommiamo Lombardia, Emilia-Romagna e Nord-Est arriviamo al 68,5% delle top performing, a ulteriore dimostrazione di come sia diventato l’incrocio tra queste tre aree il nuovo triangolo industriale e il baricentro della manifattura italiana.
Poi mettendo da parte i dati e volgendo lo sguardo avanti vale la pena individuare alcuni temi decisivi perla crescita dei Champions. Il Pnrr è una macchina che si sta muovendo con qualche fatica, ma non c’è che da riconfermare quanto scritto a commento della precedente edizione di quest’indagine ovvero che quel programma va usato per far crescere la domanda interna e bilanciare lo sforzo sull’export. È un occasione che giustamente consideriamo irripetibile e che convoglia sul sistema Paese una massa critica di risorse dentro la quale possono generarsi occasioni uniche per il sistema delle Pmi.
Rispetto allo scorso anno sappiamo una cosa in più: gli equilibri geopolitici che un po’ ingenuamente consideravamo stabili non lo sono affatto e questo ha delle ricadute immediate sul commercio internazionale e sulla divisione del lavoro tra i big della globalizzazione.
È possibile che dalla riconsiderazione di una localizzazione di molte produzioni che ha privilegiato l’Asia o comunque Paesi che producevano a costi più bassi non ne possano scaturire delle altre occasioni per i Champions?
A questa domanda non abbiamo una risposta pronta, perché gli avvenimenti sono tuttora drammaticamente vivi e la registrazione delle conseguenze economiche non può essere immediata, ma la cassetta degli attrezzi con cui governavano questi temi va ripensata e i riflessi non potranno che essere pervasivi per l’intero sistema della produzione italiana.
Si riparla di integrazione verticale, di necessaria ridondanza per quanto riguarda approvvigiona menti e scorte, si discute di reshoring. Insomma c’è un quadro di certezze industriali da riscrivere e in questa operazione, delicata quanto difficile, si creeranno spaziature nuove e occasioni interessanti. Conosco già l’obiezione che si può muovere a queste note: la forza dei Champions sta nell’individualismo meritocratico dell’imprenditore e non tanto nelle considerazioni che per brevità chiameremo “sistemiche”, quindi non c’è partita. Ma ne siamo proprio sicuri? Non è che proprio questo ricco la voro di ricognizione dei Champions e della loro straordinaria avventura imprenditoriale può servi re anche a individuare una «piccola terza via» ovvero a promuovere quelle azioni che riescono a incrociare la vitalità delle imprese e le scelte di sistema? Personalmente penso di sì e credo anche che sia il momento giusto.