Il nuovo governo apre in fretta i dossier delle nomine al Tesoro e in Cassa depositi e prestiti. Nei primi giorni della prossima settimana dovrebbe essere nominato il direttore generale del Mef, in sostituzione di Vincenzo La Via dimessosi a fine aprile. Secondo il tam tam dei palazzi del potere due sono le ipotesi più accreditate: Antonio Guglielmi, capo dell’area mercati azionari a Londra per Mediobanca, in passato più volte critico con la governance dell’euro, e il dirigente generale del dicastero Alessandro Rivera, capo dei dossier bancari e legali.
La decisione va presa entro metà giugno, e conterà anche per i rapporti con Cassa depositi e prestiti, istituto nazionale di promozione che gestisce i 250 miliardi del risparmio postale. Anche in questo caso ci sono vertici da rinnovare, e l’insediamento dell’esecutivo targato Lega- M5s produce il più lineare degli effetti: ribaltone. I giochi si fanno la prossima settimana, quando il ministro del Tesoro Giovanni Tria, primo peso in Cdp con i quattro quinti del capitale, metterà a punto con le fondazioni la lista comune per il cda, da depositare entro il 16 giugno, in tempo per l’assemblea del 20 ( 28 in seconda chiamata). Ieri si è registrato il passo indietro di Claudio Costamagna, presidente della Cassa. In una nota l’ex banchiere di rango in Goldman Sachs ha fatto sapere di « aver condiviso la decisione di non proseguire con un secondo mandato » con Giuseppe Guzzetti, il leader dell’Acri e di fondazione Cariplo che per gli enti ex bancari negozia con il Tesoro in forza di un 16% di azioni Cdp, che danno diritto a nominarne il presidente. « Considero un onore aver presieduto per questi tre anni un’istituzione chiamata a realizzare parte della politica industriale del nostro paese disegnata dal governo con il concorso dei soci privati delle fondazioni — continua la nota — . Porgo al mio successore i migliori auguri di raggiungere i traguardi che, insieme al nuovo amministratore delegato, saranno definiti di concerto col nuovo governo ».
Costamagna, che per deroga delle fondazioni fu indicato nell’aprile 2015 da Matteo Renzi come anche l’ad Fabio Gallia, aveva avuto recenti pubbliche rassicurazioni da Guzzetti sul bis. Ma secondo quel che si apprende ha preferito chiamarsi fuori sentendo scarsa affinità culturale e operativa con i nuovi arrivati a Palazzo Chigi e i loro intenti di rendere la Cassa una “ banca pubblica di investimenti e sviluppo” sul modello francese, con una presenza più capillare e incisiva sul territorio nazionale e la possibile integrazione del Monte dei Paschi, già nazionalizzato.
Il nome che le fondazioni hanno in mente per la sostituzione è Massimo Tononi, già banchiere in Goldman Sachs, poi al governo con il centrosinistra di Prodi, poi presidente di Mps e oggi alla presidenza di Prysmian. Se il manager trentino non trovasse le condizioni per accettare — accadde già nel 2016 a Siena, quando il Tesoro cacciò l’ad del Monte Fabrizio Viola — potrebbe avanzare la candidatura di Massimo Sarmi, ex ad di Poste. Più centrale ( anche perché il presidente di Cdp non ha deleghe) ma più difficile la scelta del nuovo amministratore delegato. La scelta tocca al Tesoro, e dietro le quinte si lavora a una rosa ristretta.
Una soluzione che piace a Lega e M5s sarebbe spacchettare le deleghe di ad e direttore generale, per inserirci Flavio Valeri — banchiere romano già in Merrill Lynch e dal 2008 a capo di Deutsche Bank in Italia — e l’attuale direttore finanziario della Cassa, Fabrizio Palermo. Un passato nella ristrutturazione di Fincantieri, è l’uomo di macchina che a gennaio ha siglato l’accordo di Open Fiber con l’Acea ( controllata dal Comune “ grillino” di Roma) per cablare 1,2 milioni di abitazioni. Un’altra soluzione, in tandem o meno, potrebbe portare a Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei dal 2007 e che dal 2012 presiede il Fondo europeo per gli investimenti. Già al Tesoro nel 1997 tra i Ciampi boys, ha coordinato da Lussemburgo il piano Juncker, che ha visto proprio nella Cdp il maggior attrattore di risorse nel triennio.
Il curriculum e gli agganci internazionali del dirigente campano sembrano adatti alla filosofia di una Cassa come “ banca di sistema” cara a Luigi Di Maio e Davide Casaleggio.