Il governo giallo-rosso si appresta a presentare, probabilmente lunedì, i suoi primi obiettivi programmatici di bilancio. È facile immaginare che in un esecutivo di coalizione così eterogeneo le negoziazioni continueranno fino all’ultimo, ma dalle voci circolate in questi giorni si intravedono due opportunità e due rischi. Starà al nuovo ministro Roberto Gualtieri, nelle ultime ore di trattativa, riuscire a cogliere le prime, cercando in ogni modo di evitare i secondi.
La prima occasione della manovra è continuare a godere di quel clima di fiducia sui mercati internazionali che ha accompagnato la creazione del governo di Partito democratico e Movimento 5 Stelle. Il governo vuole fortemente che l’obiettivo di bilancio — che si aggirerà intorno al 2,2% di prodotto interno lordo — sia concordato in anticipo con la Commissione europea.
L’Italia potrebbe in teoria permettersi una manovra leggermente più espansiva, vista la forte riduzione del costo di finanziamento del debito e il rallentamento economico europeo legato a fattori esogeni come le guerre commerciali.
Tuttavia, è giusto cercare di evitare a ogni modo lo scontro con Bruxelles: la pantomima della “manovra del popolo” dello scorso anno ha prodotto soltanto irritazione tra i partner europei, delusione fra gli elettori e, soprattutto, confusione tra gli investitori, che hanno continuato a lungo a chiedere interessi più alti, vanificando i presunti effetti espansivi della legge di bilancio.
La seconda opportunità sta nel voler concentrare le poche risorse disponibili per un’operazione di riduzione del cuneo fiscale, una delle vere emergenze economiche del paese. Sarebbe appropriato destinare queste risorse a ridurre la tassazione per le imprese, aiutando a migliorarne la competitività. Ma è tutto sommato comprensibile che un governo di sinistra preferisca aiutare i lavoratori, specialmente quelli con stipendi più bassi. Allo stesso tempo, sarebbe comunque utile rilanciare strumenti di sostegno agli investimenti privati, particolarmente a rischio in questa fase negativa del ciclo.
Un pericolo da evitare è invece quello di esagerare con l’ottimismo per quanto riguarda altre variabili decisive nella stesura della manovra . Il governo sembra vicino a ipotizzare un tasso di crescita tendenziale — ovvero al netto delle misure in programma — dello 0,4%, che dovrebbe arrivare allo 0,6% una volta che si terrà conto, ad esempio, del minore aumento dell’Iva rispetto a quanto previsto nei mesi scorsi. Si tratta di numeri piuttosto rosei se confrontati con altri organismi internazionali, che ipotizzavano un tasso di crescita leggermente più alto, a fronte però di un deficit di bilancio superiore al 3%.
Il governo dovrebbe stare attento anche alle stime di maggiore gettito legate alle misure anti-evasione che intende attuare: la fatturazione elettronica si è dimostrata più efficace del previsto, ma non è detto che ad esempio piccole agevolazioni per chi paga con carta di credito invece che in contanti possano avere effetti altrettanto positivi.
Infine, il governo dovrebbe evitare che la gran parte delle coperture della manovra consista di maggiori entrate. Tagliare la spesa pubblica si può, a partire dall’ingiusta Quota 100, e dagli inutili navigator introdotti frettolosamente con il reddito di cittadinanza. Aumentare solo le imposte, ad esempio rimodulando eccessivamente l’Iva, rischierebbe di far passare in secondo piano il taglio del cuneo fiscale per i redditi più bassi, regalando a Matteo Salvini e al centrodestra facili slogan contro il governo delle tasse. Buon senso economico e opportunità politica suggerirebbero al ministro Gualtieri di usare un po’ più le forbici e meno i prelievi.