Per continuare a divertirsi non serve accelerare a tutti i costi. Parola di Giorgio Cattelan, 74 anni, fondatore dell’omonima azienda di design che da quasi quarant’anni è tra i simboli del made in Italy nel mondo in fatto di tavoli, sedie e divani. Il patron non lesina esempi del suo modus operandi. «Stiamo crescendo bene in Cina, ma per avere gli stessi risultati in India occorrerà tempo. Lo showroom a Milano? Abbiamo visto uno spazio che ci piace, nel Quadrilatero, perché è lì che dobbiamo stare. Ma non c’è fretta: le cose vanno fatte per bene».
Stesso ritornello quando gli si chiede se ha mai pensato di allargare la compagine aziendale o di accettare le proposte che si può immaginare arrivino numerose per un’azienda in crescita nel 2017 del 15%, a 80 milioni di euro, e un 2018 che fa già segnare un + 18-20% nei primi due mesi rispetto al 2017. «Il telefono suona una volta al giorno — sorride Cattelan —. È normale che chi voglia fare affari vada dove c’è il miele. Bussano i fondi e anche le aziende cinesi che offrono partnership, ma non ci interessa». Tradizione, famiglia e qualità marcano da sempre le scelte dell’azienda oggi guidata oltre che dal signor Giorgio — come lo chiamano tutti—dal figlio Paolo, al timone dal 2014, e da Lorenzo, a cui è stata affidata la Arketipo, inglobata da Cattelan nel 2011 e specializzata in imbottiti, che quest’anno segna già un +30%. A Carrè, in provincia di Vicenza, è intanto in atto una rivoluzione. Dopo uffici e showroom, è stato ampliato lo stabilimento per sette mila metri quadri, con altri diecimila previsti entro il 2019, «che occuperanno iterreni limitrofi che abbiamo acquistato di recente», spiega Cattelan.
Per l’azienda che tra le prime, nel 1979, capì le potenzialità del disegno e della qualità tricolore nel mondo vendendo tavoli di marmo negli Stati Uniti, oggi gli ordini superano la capacità produttiva e di magazzino. Anche a fronte di una «selezione naturale» della clientela. «Quando eravamo piccoli, puntavamo ad allargare la platea, ora, da un paio di anni a questa parte, il target è più alto—racconta il patron—. È un matrimonio che funziona, del resto io considero i miei clienti come dei partner. Stesso discorso per i fornitori (l’azienda affida tutta la produzione a terzisti, per la maggior parte veneti, ndr): sono cresciuti con noi e sono parte della famiglia».
Oggi una quota tra il 75 e l’80% del fatturato viene dall’estero, con l’affermazione di mercati anche inediti, come il Centro Africa. «In paesi relativamente stabili come Kenya, Costa d’Avorio e Senegal stiamo aprendo negozi, ci rivolgiamo alle classi più abbienti, come in Cina: sono quelle che sanno riconoscere il vero made in Italy», dice Cattelan. La voglia di esplorare nuovi mondi non è venuta meno a quel figlio di falegname che dalla provincia veneta si impose Oltreoceano. «L’ultima parola in azienda spetta ancora a me e io,lo confesso,mi diverto sempre molto — chiosa Cattelan —, anche a progettare. Mi inorgoglisce vedere come il business funzioni nel modo in cui l’abbiamo costruito».
*L’Economia, 16 marzo 2018