Luci accese anche di notte negli uffici di Carrè, luci all’alba. «Qui parliamo tutte le lingue del mondo, del resto esportando in 140 Paesi esteri abbiamo per forza di cose gli uffici con gli orari sfalsati a seconda dei fusi orari dei vari continenti». Giorgio Cattelan, classe 1944, è un imprenditore “champion” perché la Cattelan Italia che ha fondato alla fine degli anni Settanta è un’azienda nel settore del mobile che corre ad una velocità doppia del normale: dal 2010 al 2017 è passata da 37 milioni di euro di fatturato ad 80 milioni, negli ultimi 3 anni i margini sono cresciuti del +25%. Non ha debiti.
E ha un trucco: «Fare produrre fuori». Che poi fuori significa nel raggio di pochi chilometri da Carrè («Molti artigiani li abbiamo aiutati noi ad avviare l’attività e condividiamo la stessa filosofia»), al massimo in Friuli, qualcosina in Brianza e nelle Marche. Ormai ha perso il conto: «Più di 100 produttori e una decina di architetti collaborano con noi». Questa è in concreto la filiera.
«Il settore del mobile – evidenzia Cattelan – è molto legato alla moda ed è necessario essere pronti a variare il prodotto a seconda delle esigenze del mercato, legato anche ai diversi Paesi. Con una produzione interna si è legati quasi esclusivamente a quella, se si hanno a disposizione invece un centinaio di produttori è possibile muoversi come, quando e nel tempo che si vuole. E soprattutto si hanno costi certi. Si sa quanto costano una sedia, un tavolo, un mobile, una poltroncina. Senza sorprese. Ecco, la nostra redditività è avere costi esatti».
FLESSIBILITÀ. I produttori sono una grande risorsa, lo sa bene Cattelan, infatti «bisogna fare guadagnare anche loro, gli affari si fanno in due. E non abbiamo problemi a soddisfare un mercato in crescita perché diamo più lavoro agli artigiani. Ognuno fa la sua parte». Fa due calcoli: l’indotto creato è di almeno 30 milioni, un’altra azienda. E la filiera permette di soddisfare qualsiasi richiesta: «Abbiamo fornitori di marmo, metallo, cristallo, legno, plastica, qualsiasi materiale». Paese che vai richiesta che trovi. L’ultima pochi giorni fa: «Un tavolo di 12 metri di lunghezza per uno sceicco». Ma le misure fuori del normale sono ormai all’ordine del giorno per Paesi come Messico, Australia, Arabia. A New York chiedono cose più “misurate” per la compattezza degli appartamenti. Vendono lusso. «Esportiamo il 75%, ma possiamo dire che il 25% venduto in Italia per almeno un 30% va all’estero per canali paralleli». La Cina dà soddisfazioni: «E noi abbiamo prospettive di crescita grazie all’avvento dei nuovi ricchi che amano il made in Italy».
CRESCITA. A Carrè regolano il traffico. «Abbiamo circa 100 dipendenti, 65 dei quali lavorano come tecnici, informatici, amministrativi, commerciali. La chiave del successo sta infatti non solo nel prodotto ma nel servizio». Punto di forza i programmi gestionali «fatti da noi», il magazzino è praticamente in tempo reale. Oggi Giorgio Cattelan si ritaglia il suo tempo, con le belle giornate arriva in azienda in moto e poi va a pranzo a Tonezza: «Ho due figli molto bravi, hanno assimilato da me e per certi versi sono più bravi di me». Paolo è amministratore delegato di Cattelan Italia e Lorenzo ceo di Arketipo, azienda fiorentina di imbottiti e poltrone acquisita 8 anni fa. E un’altra acquisizione («azienda collaterale») è dietro l’angolo, la due diligence a quanto pare è già avviata. Intanto i «costi certi» fanno già tornare i conti: «Chiuderemo il 2018 con una crescita del +13/14%, intorno ai 90 milioni. E l’anno prossimo andremo oltre i cento». E così anche la filiera è destinata a crescere.
*Il Giornale di Vicenza, 7 giugno 2018