Liquidazione prima concessa, ora bloccata. Dopo tre mesi Atlantia, la holding infrastrutturale controllata dalla famiglia Benetton, decide di sospendere la seconda rata della buonuscita da 13 milioni (oltre 30 considerando le competenze di fine rapporto) dell’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci. Lo fa a seguito degli «elementi emersi dalle indagini in corso da parte dell’autorità giudiziaria e indipendentemente dalla rilevanza penale». Il riferimento è alla costola dell’inchiesta principale della procura di Genova sul crollo del ponte Morandi. Indagine che a metà settembre aveva scoperchiato un sistema di report alterati da parte della controllata Autostrade su alcuni viadotti in gestione risparmiando sulla manutenzione. Quelle carte avevano portato all’uscita di Castellucci. Decisione della famiglia Benetton, in primis del capostipite Luciano.
All’atto delle dimissioni del top manager, 18 anni in Autostrade-Atlantia, la holding si era riservata però «di non procedere al pagamento» in presenza di «condotte dolose comprovate e accertate a danno della società». Il board ritiene di avviare questa azione a scopo cautelativo, segnalando ulteriormente un punto a favore della procura di Genova che sta procedendo nell’istruttoria e che ha appena spostato ad aprile i termini del secondo incidente probatorio sul ponte Morandi, allungando i tempi per la complessità della vicenda giudiziaria con il possibile rinvio a giudizio per gli indagati, tra cui lo stesso Castellucci. Fonti a lui vicine rilevano come si tratti di «un’azione strumentale, immotivata e contraria agli accordi».
Ciò avviene ad una decina di giorni di distanza dalla lettera di Luciano Benetton ad alcuni quotidiani, tra cui il Corriere della Sera, in cui ha tenuto a precisare come la famiglia si senta «parte lesa», perché «nessun componente della famiglia ha mai gestito Autostrade» pur avendo «avallato un management che si è dimostrato non idoneo, che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto». Quella comunicazione aveva già fatto intuire il cambio di passo a Ponzano Veneto. Con la famiglia in campo per difendere la concessione di Autostrade per l’Italia che scade nel 2038 da una possibile revoca da parte del governo «per colpa grave del gestore». Un segnale all’esecutivo, di apertura. Ma anche di mea culpa su una gestione evidentemente non oculata che però negli anni ha garantito ricchi dividendi ai soci, tra cui la famiglia Benetton. Una settimana fa era circolata l’indiscrezione di un possibile decreto legge da parte del governo che avrebbe nei fatti cancellato la convenzione di Aspi con lo Stato stipulata nel 2007. Quel che è certo è che bisogna attendere le sentenze della magistratura. In caso di condanna dei vertici, tra cui Castellucci, l’estinzione anticipata della convenzione sarebbe possibile senza maxi-indennizzo. Ma i tempi sono lunghi e i ragionamenti, al momento, riguardano una revisione della concessione che porterebbe ad una riduzione delle tariffe autostradali e ad un modello di remunerazione più vicino a quello concepito dall’authority dei Trasporti.