Dopo giorni di turbolenza sui mercati, con la corsa dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi, arrivato oltre quota 300 punti, ora si possono valutare le conseguenze che il rischio politico può avere anche per il mondo delle aziende.
Una settimana fa, in concomitanza con la prima difficoltà a formare un governo Lega-M5S, è capitato che due campioni nazionali impegnati in grandi operazioni all’estero, tra Spagna e Francia, abbiano rimesso nel cassetto due emissioni obbligazionarie denominate in euro, per un valore complessivo di almeno un miliardo. La prima è stata Atlantia, numero uno europeo delle infrastrutture, impegnata nell’acquisizione della spagnola Abertis, che dopo un roadshow tra Milano, Francoforte, Amsterdam e Londra, lo scorso venerdì 25 maggio ha preferito non dare seguito all’operazione. In quegli stessi giorni Fincantieri, che ambisce a creare un grande polo della cantieristica navale in Europa dopo l’investimento in Stx France con il centro di Saint Nazaire, ha deciso di rinviare un bond di circa 300 milioni.
Gli stessi investitori esteri — grandi fondi pensione e asset manager che hanno sempre apprezzato le due società — hanno consigliato di aspettare. Troppa volatilità per prendere decisioni ragionevoli, pena per le aziende di avere condizioni di credito più svantaggiose, che non riflettono il loro rating di livello primario (BBB di S&P, Baa2 di Moodys per Atlantia).
Contro ha comunque giocato anche la stessa volatilità innescata a maggio sui mercati da partite come la battaglia americana sui dazi che hanno spinto anche Whirlpool negli Usa e Bertelsmann in Europa a rinunciare ai loro bond.
Atlantia e Fincantieri sono d’altronde emittenti ricorrenti e avevano già fatto incetta di liquidità a costi contenuti. E ora possono permettersi di aspettare più stabilità. La fase di forte tensione è stata superata con l’accordo sul nuovo governo ma il tema è che comunque ci vorrà un po’ di tempo perché il differenziale tra il Btp decennale e il pari scadenza tedesco torni a livelli più bassi (120-140 punti base a fine aprile) rispetto ai 239 della chiusura di venerdì.
Moody’s ha segnalato che quest’anno l’emissione di bond da parte delle aziende italiane si normalizzerà a quota 22 miliardi, dimezzandosi rispetto al 2017, perché le imprese hanno già fatto provvista. Ma alla data del 25 maggio il valore dei bond emessi da inizio anno (10,4 miliardi con 27 operazioni) è in realtà equivalente a quello di un anno fa (10,8 miliardi, 26 emissioni). Segno che le aziende che investono devono anche finanziarsi.
Qualche dietrofront si è visto anche sul mercato italiano dei capitali a Piazza Affari che quest’anno puntava su un anno record per le matricole. Martedì scorso la multiutility toscana Estra ha fermato la quotazione dopo la rinuncia della Itema e della Rainbow. Tutto rimandato all’autunno. Quando arriveranno anche operazioni strategiche per le aziende stesse e per l’Italia come quella di Astaldi, impegnata in un aumento di capitale con l’ingresso di soci esteri e un maxi rifinanziamento.