La pandemia è riuscita a rendere ancora più deserto il già desertificato Mediterraneo, e la confusione che ha investito il destino di quattro gommoni partiti dalle coste libiche tra venerdì e sabato ne è la prova. «Tutti in salvo», «no, uno è naufragato», «non è vero, il relitto era lì da giorni», «due sono arrivati in Sicilia», «invece no, ne manca uno all’appello». Un guazzabuglio di voci e dichiarazioni più o meno ufficiali che sono rimbalzate tra Roma, La Valletta e Tripoli, e che non avremmo se ci fosse un sistema strutturato e comune di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. E le già scarne informazioni sono diventate ancor più frammentarie da quando quasi tutte le navi delle Ong, a causa del Covid-19, sono ferme nei porti.
Dunque, con ordine. Sabato scorso Alarm Phone, il numero di salvataggio gestito da una rete di attivisti, segnala su Twitter (e alle autorità competenti) che c’è un gommone alla deriva, senza più benzina, senza cibo e senza acqua che sta chiedendo aiuto. «Hanno a bordo una donna incinta, sono salpati dalla Libia due giorni fa». Seguiranno molti messaggi, riguardanti questo e altri tre imbarcazioni. La sera di Pasqua la situazione, secondo Alarm Phone, è così riassunta: quattro gommoni in mare lasciati senza soccorso, di cui tre in zona Sar (Search and Rescue) maltese, uno, con circa 85 persone e di cui si sono persi i contatti, è in posizione sconosciuta.
Si sa per certo che due hanno raggiunto autonomamente la Sicilia: il primo, domenica, è sbarcato a Pozzallo con 101 migranti a bordo, il secondo è arrivato a Portopalo di Capo Passero con 77 persone. Un terzo gommone è stato avvicinato dalla nave della ong basca Aita Mari, del quarto, segnalato con 55 persone a bordo, non vi è certezza. A Malta domenica è giunto un gruppo di naufraghi, recuperato da un mercantile portoghese e poi consegnato alla guardia costiera locale, ma non è chiaro se si tratti del quarto gommone disperso.
Presunto naufragio A complicare la ricostruzione delle rotte e delle destiazioni, è la notizia di un presunto naufragio. A diffonderla è stata la ong tedesca Sea Watch, che ribadisce di averla appresa da “fonti riservate” e attraverso “la consultazione di documenti ufficiali”. Secondo Sea-Watch un aereo di Frontex, Eagle 1, ha avvistato alle 8 di mattina di domenica, tra la zona Sar libica e quella maltese, un gommone semiaffondato con un tubolare sgonfio. Per la Guardia Costiera italiana sono i resti di un vecchio incidente, su cui sarebbe intervenuta una motovedett libica. Se così è, si parla di molti giorni fa perché le autorità di Tripoli hanno specificato alla Associated Press di non avere fatto operazioni negli ultimi cinque giorni. Anche Frontex smentisce: «Il natante corrisponde a quello di un vecchio incidente, nel quale i migranti sono stati soccorsi».
L’impegno del vescovo di Malta
Quasi casuale, poi, è stato l’intervento della Aita Mari, la piccola nave della ong basca Salvamento Maritimo Humanitario. È salpata da Siracusa per tornare a Bilbao, non ha a bordo equipaggio medico né il rescue team, però ha ricevuto il navtex, cioè l’avviso ai naviganti, diramato dalla Valletta e ha cambiato rotta. «Abbiamo raccolto 47 persone da un gommone — spiega il portavoce della ong — tra cui una donna incinta e un bambino di 7 anni. Malta ha inviato un elicottero con i medici, fatta quest’operazione chiederemo lo sbarco». A sollecitare tale impegno è stato l’arcivescovo maltese Charles Scicluna, che ha scritto un messaggio al governo. «Siamo ormai alla roulette russa — commenta Luca Casarini di Mediterranea — in Italia siamo a questo paradosso: chi arriva da solo viene salvato, gli altri li lasciamo alla deriva ».
Pare risolta, invece, la situazione della Alan Kurdi: i 149 migranti saranno trasferiti nelle prossime ore sulla nave “Azzurra” della Gnv messa a disposizione ieri dal governatore siciliano, Nello Musumeci. Lì trascorreranno il periodo di quarantena.