Parte da Parma, passa da Reggio, arriva a Modena. È quel pezzo della via Emilia che è facile identificare in due Valley: Food & Motor. È corretto, naturalmente. Ma cibo e motori (supersportivi, superlusso, supersognati) sono solo il lato più «pop» del fenomeno Emilia Romagna. Quello di cui è più divertente parlare, perché vuoi mettere una Dallara (per citare un’azienda Champion) con (per citare le attività di altri Champions) la pressofusione in alluminio o le valvole oleodinamiche?
Eppure è da qui che bisogna incominciare. Di cibo e motori si sa: sono tradizioni mai perse, e anzi sempre coniugate a un futuro anticipato. Si sa anche della ceramica: un distretto che la tradizione se l’era invece giocata, e su un futuro di qualunque tipo – figurarsi su un ritorno alla grande – in pochi avrebbero scommesso.
Fosse tutto lì, però, forse l’economia italiana non avrebbe una nuova locomotiva. L’Emilia è diventata un modello, in una manciata d’anni ha soffiato al Piemonte un lato del triangolo industriale e al Veneto il secondo posto tra le regioni esportatrici. Non sarebbe stato possibile senza le tante piccole e medie imprese sconosciute della meccanica, soprattutto, ma anche del biomedicale, della cosmetica, del packaging, e basta scorrere le classifiche dei Champions L’Economia-ItalyPost per averne conferma: la robusta pattuglia dei top performer emiliano-romagnoli è in buona parte concentrata in quei comparti, è sempre più numerosa (65 aziende su 600, 7,4 miliardi di fatturato su 44), e nel relativo elenco, con buona probabilità, si nascondono le Ima e le Technogym di domani.
Incontreremo alcuni di questi protagonisti venerdì prossimo, a Parma, terza tappa del viaggio tra i nostri piccoli e medi imprenditori d’eccellenza. Hanno storie diverse, e diversi sono i settori. Li accomuna, oltre alle performance record, una convinzione: non ce n’è uno che non metta, tra i fattori chiave dei loro successi, un territoriorete che «sa fare sistema». Non si offenderebbero se il Paese li copiasse.