Alberto Folcarelli produce cavi elettrici. Niente di più banale, all’apparenza. Ma ci mette un tale carico di tecnologia e innovazione che in Aec, la piccola azienda costruita nel 1986 attorno all’indotto Fiat, gli ordini arrivano ormai da pressoché tutte le altre case automobilistiche. Parallele alla crescita arrivano al fondatore, ogni mese, «almeno un paio di proposte dai fondi di private equity». Nonostante le varie crisi dell’automotive — o proprio per questo, soprattutto nell’anno del Covid — su Aec continuano a scommettere, e si capisce in base a che cosa: la pandemia ha riportato sotto i 20 milioni un fatturato che solo due bilanci fa aveva superato i 24,5, ma la redditività industriale mantiene una media sopra il 20%, gli utili netti restano oltre il 10%, la cassa è in ampio attivo. Perciò Folcarelli, ai gestori, sistematicamente risponde «no, grazie, non ci servono capitali: ci autofinanziamo».
Non è così in eterno, al bivio sviluppo-autonomia. Prima o poi, raggiunta una certa soglia, ci si trovano tutte le family company. Le Champions più di altre, perché più delle altre crescono e, per quanto elevata sia la loro capacità di generare risorse, arriva sempre un confine difficile da oltrepassare. O, semplicemente, la famiglia si allarga e l’unità si allenta, magari decide che non ha voglia di andare avanti, oppure sì ma non riesce a gestire il passaggio generazionale. È comunque a quel punto che la scelta è ineludibile: si apre a un investitore professionale, o si vende.
Le più, tra le Top Mille de L’Economia-ItalyPost, optano per l’apertura. Non devono nemmeno far fatica: «Almeno due proposte al mese», come da racconto di Folcarelli all’ultimo Meet the Champions, per queste aziende sono la norma. Del resto, è vero che le loro piccole e medie dimensioni sono la forza (è un capitalismo diffuso) e insieme il lato debole (è per definizione fragile ) del nostro sistema industriale. Ma qui è dove lo sviluppo è un obbligo, ed è probabile che chi le guida si sia riconosciuto nelle seguenti parole: «L’Italia può contare su un segmento in crescita di aziende dinamiche e innovative, cui si deve il recupero di competitività sui mercati nell’ultimo decennio e un contributo importante al ritorno in attivo, dopo trent’anni, della nostra posizione netta sull’estero». Ignazio Visco, Considerazioni finali, 31 maggio 2021.