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Tutte le rivoluzioni tecnologiche del passato hanno avuto un impatto significativo sulle società del loro tempo, con effetti di volta in volta diversi e non sempre prevedibili.
Uno degli esiti più evidenti è l’incremento demografico. L’accelerazione del tasso di crescita della popolazione mondiale, con il conseguente aumento della domanda di servizi e di prodotti, da un lato è stata causata da innovazioni che hanno allungato e reso più sana la vita media, dall’altro genera essa stessa un significativo sviluppo di nuove tecnologie in grado di rispondere in modo più efficace ai bisogni di un mondo che cambia. Si pensi per esempio alle tecnologie dei motori a vapore alla base della prima rivoluzione industriale, tecnologie che a partire dal XVIII secolo hanno ridefinito interi settori dell’economia, rendendo più leggeri processi produttivi ad alta intensità di lavoro e permettendo la nascita di nuove professioni e di nuovi business.
Lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie legate all’elettricità sono stati basilari per la seconda rivoluzione industriale, che ha promosso nuovi dispositivi di comunicazione, come il telegrafo prima e il telefono poi, ma anche fondamentali innovazioni in grado di rendere più facile, veloce ed economico il trasporto di persone e cose, come l’automobile o l’aereo.
Con la terza rivoluzione industriale, è l’elettronica a entrare in scena: arrivano i computer con la loro capacità di archiviare e organizzare informazioni e con una potenza di calcolo mai raggiunta prima. Le moderne tecnologie, che proprio nel digitale trovano fondamento, si presentano come una rivoluzione capace di ridefinire i contorni dell’impresa moderna, rendendo di colpo obsoleti i modelli di riferimento che per decenni hanno guidato le scelte aziendali e creando allo stesso tempo le condizioni per lo sviluppo di nuovi modelli di valore, nuove professioni, nuove opportunità di crescita. Con ciò creando i presupposti per l’inizio della attuale quarta rivoluzione industriale.
Nonostante questo potenziale, il digitale in Italia è ancora oggi una realtà per molti versi giovane: nel 1997 la popolazione italiana con accesso a internet rappresentava solo il 2,3% del totale e poteva contare su dispositivi e qualità di connessione non confrontabili con quelli a disposizione oggi. Negli ultimi vent’anni la percentuale è cresciuta in modo costante fino a raggiungere nel 2017 il 60%, e tuttavia ancora oggi da moltissime PMI del nostro paese il digitale è visto unicamente come uno strumento in grado di generare efficienza operativa marginale in specifiche aree dell’azienda – di solito legate ai sistemi informativi – e poco più.
La stessa espressione digital transformation è in realtà spesso abusata nei contesti aziendali e anche per questa ragione noi preferiamo dire «trasformazione digitale»; il fraintendimento più frequente fa riferimento al pro- cesso di investimento e implementazione di tecnologie innovative all’interno di un’organizzazione, con focus forte sulle competenze del reparto IT. Effettivamente in Italia il numero delle aziende che in quest’area han- no pianificato investimenti importanti è cresciuto in modo significativo e, tuttavia, spesso le tecnologie implementate non solo non sono riuscite a generare l’impatto sperato nel business di ogni giorno ma, nel peggiore dei casi, sono state addirittura abbandonate per inutilizzo da imprese che non riescono a sfruttarne il potenziale effettivo. Un po’ come succede, per esempio, rispetto alle tematiche relative alla privacy e alla sicurezza: molte organizzazioni tradizionali tendono ancora a muoversi con eccessivo timore e sono incapaci di mantenere la tensione e il ritmo che il mercato sembra invece voler imporre. Avviene così che, in molti casi, gli investi- menti in infrastrutture tecnologiche siano ancora suddivisi in silos distinti mentre ormai la tecnologia dovrebbe permeare tutta l’organizzazione, esattamente come è entrata a far parte della quotidianità dei suoi clienti.
In altri casi ci si trova di fronte a organizzazioni e manager che vedono in tecnologie come il sito internet o l’email strumenti in grado di semplificare gli sforzi e rendere misurabili i risultati dei progetti legati al marketing e alle vendite dell’azienda stessa, specie nel confronto con il costo contatto che è possibile ottenere attraverso i media tradizionali. In queste iniziative, ciò che spesso manca è una visione d’insieme del percorso di acquisto del cliente, e ci si trova così a dover fare i conti con aspettative ben più alte rispetto a quelle che l’azienda è effettivamente in grado di garantire; le conseguenze di questo disallineamento sono deleterie non solo per la specifica attività di marketing, ma anche più in generale per la marginalità e per il valore nel tempo che l’azienda è capace di generare.
La verità è che la trasformazione digitale ha a che fare più con la trasformazione del business delle aziende che con specifici investimenti in tecnologia o nel marketing. Ecco perché quando si affrontano queste tematiche non si può parlare solo di «che cosa» vogliamo implementare dal punto di vista tecnologico, ma anche del «perché» è necessario fare questi investimenti provando a definire puntualmente i risultati attesi attraverso l’avvio di specifici progetti digitali nel contesto aziendale.
La strategia di investimenti in queste aree, insomma, non dovrebbe essere lasciata nelle mani di un settore specifico dell’organizzazione, ma andrebbe gestita direttamente dal top management, che è chiamato ad agire come sponsor principale delle iniziative di trasformazione e come regista delle varie attività previste sia internamente sia in collaborazione con partner esterni. Inserire nell’agenda del management queste tematiche è di fatto il prerequisito per poter contare su un effettivo cambia- mento culturale all’interno dell’azienda, che punti a mettere il cliente al centro di tutto, sfruttando appieno le opportunità delle nuove tecnologie e combinandole, in modo efficiente, con il cambiamento delle aspettative nel mercato di riferimento. Nella Quarta parte presenteremo una serie di strumenti utili in tal senso per aiutare l’azienda a comprendere le opportunità esistenti, gestire gli impatti di queste sul proprio business, innovare definendo nuovi modelli di generazione del valore.
La necessità di una vera trasformazione verso il digitale emerge, è bene ricordarlo, da cambiamenti già in atto fuori dall’azienda stessa e non necessariamente sotto il controllo diretto o indiretto del management team; il modo in cui l’azienda implementa specifiche soluzioni tecnologiche è dunque solo una parte di un progetto evolutivo più allargato che coinvolge tutti i reparti e tutte le funzioni di un’organizzazione. Questa parte sarà ovviamente tanto più importante quanto più lo specifico progetto di trasformazione riguarderà anche l’aggiornamento dei sistemi informativi o di altri strumenti di supporto. Ma in molti casi, quando si parla di struttura organizzativa o di gestione dei processi, l’attenzione andrà posta su altre aree meno scontate.
Si tratta dunque di iniziare un percorso che porterà, nel medio-lungo periodo, ad acquisire una «maturità» digitale, ovvero una competenza in grado di guidare le scelte di chi si occupa dello sviluppo delle strategie in azienda assegnando a questi interventi la giusta priorità e le giuste risorse. Raggiungere questa maturità è inevitabilmente un processo graduale; aziende diverse si possono trovare in fasi diverse del percorso evolutivo, ma è del tutto evidente come ci siano sempre nuovi modi per continuare un processo di apprendimento e di adattamento che per sua natura non può avere fine. Un processo naturale ma non automatico e che per essere indirizzato correttamente richiede di comprendere la reale natura e le caratteristiche peculiari dei cambiamenti in atto nella tecnologia.
Trasformazione digitale. Strategie e strumenti per le PMI del futuro
di Giuseppe Mayer, Dario Cardile, Pepe Moder
Egea
191 pp., 28 euro