C’è una frase di Martin Luther King che continua a tornare. In testa. Nelle pubblicità. Nelle parole di chi ha ancora occhi per vedere. «Può darsi – diceva King – che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla». Mentre ascoltavo il presidente della Repubblica Mattarella parlare dell’Italia di oggi pensavo proprio a questo.
«L’Italia – ha detto il capo dello Stato – non può diventare – non diverrà – preda di quel che Manzoni descrive, con efficacia, nel trentaduesimo capitolo dei Promessi Sposi, a proposito degli untori e della peste: “Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”». E poi ha aggiunto: «L’Italia non può assomigliare al Far West, dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione».
Pochi giorni dopo, più d’uno s’è affrettato a dire che colpire in faccia una giovane ragazza di colore con un uovo non è razzismo, perché è già successo e sono state colpite anche persone non di colore. Come se fosse comunque normale tirare uova in faccia alle persone, come hanno fatto due giovani (uno figlio di un esponente del Pd) vuoti di valori e pieni di ignoranza. Come se non dovessimo indignarci per l’occhio tumefatto di un’atleta della nostra nazionale. Come se fosse normale sparare piombini su bambini, donne e passanti (guarda caso, quasi sempre “stranieri”). Come se fosse normale prendere le nostre paure – che ci sono, che sempre ci saranno – e amplificarle fino a farci tirare fuori il peggio di noi.
La cultura del risentimento, se annaffiata di veleno, è un terreno troppo fertile. Che induce ad introdurre discorsi e pensieri apparentemente razionali con un «ma» o con un «però» irrazionali, per non dire violenti. Che spinge a giustificare oggi e a trovare normale domani. E risentimento non può essere (e non è) un sinonimo di cambiamento, un’arma per forzare, spingere, provocare, infiammare, strumentalizzare. Non è questo, il cambiamento di cui parlava Martin Luther King. È anzi l’esatto opposto. Ma occhi pieni di odio e di un nuovo razzismo non vedono certe differenze. Che sono però sostanziali. E non si può certo considerare cambiamento ciò che sta accadendo sui vaccini, sulle grandi opere, sull’idea di mettere in discussione la legge Mancino sull’odio razziale. Questa è semmai paura di cambiare. Paura di sbagliare. Paura di costruire il futuro. Paura di confrontarsi serenamente col passato. Paura della paura. Una pessima complice, per chiunque debba prendere una decisione. E un ostacolo insormontabile per chi abbia davvero voglia di cambiare (in meglio).