«L’artigiano dovrà imparare ad innovare la tradizione». Nella riflessione sul futuro che attende le nostre imprese manifatturiere, tema cardine delle tre giornate di Make In Italy, emerge la voce di Antonio Calabrò, direttore di Fondazione Pirelli e vicepresidente di Assolombarda, tra i relatori del convegno di apertura del festival, «La manifattura di domani: italiana e digitale».
Per dare la spinta a un settore chiave dell’economia italiana, assume un ruolo centrale il percorso formativo rivolto alle nuove generazioni che si avvicinano al mestiere, raccogliendo l’eredità del Made in Italy.
«Sarebbe necessaria una nuova stagione di formazione, che faccia crescere le competenze tecniche. Gli Its, gli Istituti tecnici superiori, sono uno dei pilastri dell’industria tedesca, e dovranno essere molto più diffusi in Italia – dice il vicepresidente di Assolombarda – ma credo vada giocata anche un’altra carta: l’incrocio virtuoso tra cultura scientifica e cultura umanistica come presupposto per la nascita di un “artigiano rinascimentale” che tenga insieme hi-tech e bellezza».
Si parte da qui per essere distintivi e recuperare competitività rispetto a Paesi che vantano economie più solide e tecnologie più avanzate.
«È facile dire che siamo indietro, perché le imprese italiane hanno lo svantaggio di crescere con fatica – continua – ma, al di là dell’ideologia errata del piccolo è bello, siamo consapevoli di poter contare sul nostro saper essere flessibili, colti, capaci di interpretare il cambiamento. Una dote che consente, anche lungo le filiere produttive, di occupare posizioni di rilievo sui mercati, in particolare nelle nicchie a maggior valore aggiunto».
Anche sul fronte della digitalizzazione, l’artigianato italiano sta affrontando un processo ancora lento e insufficiente, ma più diffuso di quanto l’opinione pubblica non veda.
«Basta fare un giro nella straordinaria provincia produttiva italiana per scoprire storie d’eccellenza – evidenzia Calabrò – di imprenditori che legano in modo originale l’antica sapienza manifatturiera all’utilizzo degli strumenti digitali, dalle stampanti 3D ai rapporti di servizio con fornitori e clienti. Sappiamo fare la qualità su misura e questa è stata la discriminate negli anni difficili, di crisi ma anche di straordinarie trasformazioni tecnologiche e sociali: chi ha innovato, investito, modificato prodotti e linee di produzione è sopravvissuto. Chi invece è rimasto ancorato a vecchi metodi e a culture d’impresa superate non ce l’ha fatta».
*Corriere del Veneto, 5 giugno 2018