Queste elezioni regionali avrebbero potuto narrare “un’altra storia”. Disegnare un’altra Italia. Con una Mappa politica, definitivamente, diversa. Le Regioni Rosse sempre più “incolori”, dopo l’esito delle elezioni Politiche del 2018 ed Europee del 2019. Uno scenario annunciato dalla sconfitta del Centrosinistra in Umbria, lo scorso ottobre.
Ma, domenica, questo rito di passaggio non si è “celebrato”. Al contrario. In Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini ha superato il 50% dei voti validi, circa 8 punti più rispetto a Lucia Borgonzoni, candidata del Centrodestra. E il Pd si è imposto, di nuovo, come prima forza politica regionale, avvicinandosi al 35%. Insomma, un risveglio, in parte, in-atteso. Favorito da alcuni attori e f-attori. Già indicati da altri commenti e commentatori. Mi pare utile riproporli, aggiungendo alcune ulteriori precisazioni. Ricavate da un sondaggio, molto ampio, condotto da Demos in Emilia-Romagna nella prima metà del mese scorso. Un sondaggio da cui emergono stime di voto molto vicine al risultato di domenica scorsa. Dunque, attendibili a comprenderne le ragioni. La prima e più importante appare l’esperienza dell’amministrazione regionale, guidata da Bonaccini. Valutata, “positivamente” da oltre due terzi dei cittadini. Si tratta, dunque, di un grado di soddisfazione elevato e diffuso. Rafforzato dalla convinzione, espressa da oltre il 40% delle persone, che l’Emilia-Romagna sia amministrata meglio di altre regioni. Ciò spiega come Bonaccini sia la personalità “pubblica” più apprezzata dal campione intervistato: 48%. Cioè: il doppio rispetto a Lucia Borgonzoni. Mentre il grado di fiducia verso Benini non arriva al 10%. Ovviamente, il giudizio – nel bene e nel male – è sostenuto dalla “popolarità”, favorita dal rapporto con i cittadini, stabilito durante gli anni di governo regionale. E dalle relazioni con le associazioni e con le organizzazioni di rappresentanza economica e sociale. Oltre che con le istituzioni locali. Tuttavia, è significativo come l’immagine del “buon governo” si confermi nel confronto con le altre Regioni. Rispetto alle quali l’Emilia- Romagna è percepita positivamente. Anzi, in modo “più positivo”. Così, Bonaccini ha potuto beneficiare di un sentimento sociale favorevole, suggerito dalla buona immagine maturata nel contesto territoriale nel corso del tempo.
Un secondo fattore di successo, come ha riconosciuto apertamente lo stesso Bonaccini, è stato offerto dalle Sardine. Dalla loro capacità di mobilitazione. Dove la presenza dei partiti di Centrosinistra, nella società e sul territorio, era, da tempo, in declino. Le Sardine, in questo modo, hanno risposto a “una” ragione della difficoltà incontrate dal Pd e dal Centrosinistra, negli ultimi anni. L’indebolirsi del legame con il territorio. Che, senza una presenza viva e attiva, con le persone e con la società, perde il suo colore tradizionale. Il Rosso: diventa rosa. E tende a sfumare ancora. Com’è avvenuto nell’ultimo decennio.
Tuttavia, il fattore e l’attore decisivo, in questo esito, è costituito dall’irruzione, nella campagna elettorale, di Matteo Salvini. Che ha prodotto almeno due effetti im-previsti e sicuramente non voluti, dal leader della Lega.
Anzitutto, ha mobilitato una realtà sociale, altrimenti, poco re-attiva, da alcuni anni. L’impegno diretto e appariscente di Salvini ha, infatti, sollecitato l’affluenza nelle zone urbane. Nei comuni maggiori e limitrofi. Soprattutto, ma non solo, Bologna (come hanno osservato, fra gli altri, i ricercatori di YouTrend). Si tratta, infatti, di contesti particolarmente orientati verso sinistra. Mentre la Lega raccoglie, da sempre, i suoi maggiori consensi nelle periferie e nei comuni più piccoli.
L’azione di Salvini, in secondo luogo, ha compattato gli elettori delle forze politiche “altre”. Soprattutto, dei partiti di governo. Lo di-mostrano i flussi elettorali analizzati, anche in questa occasione, dall’Istituto Cattaneo di Bologna (a cura di Marta Regalia, Marco Valbruzzi e Salvatore Vassallo). Dallo studio, infatti, emerge come la maggioranza degli elettori del M5s alle Europee del 2019, in questa occasione, abbia votato per Bonaccini. Il 71,5% a Forlì, il 62,7% a Parma, il 48,1% a Ferrara. Solo una minoranza di essi ha, dunque, scelto il candidato del M5s (Simone Benini). Tanto meno la Borgonzoni.
Così, se la fortezza dell’Emilia-Romagna ha resistito, il merito non è tanto del Pd. Piuttosto: del suo governatore, del buon-governo territoriale. E dei nuovi movimenti giovanili, che hanno popolato le acque della partecipazione, altrimenti rarefatta. Inoltre, è grazie all’avversario, che ha stimolato l’affluenza e scoraggiato l’astensione. Ma, soprattutto, ha “nazionalizzato” il confronto. E lo ha “polarizzato”. Riconducendolo a un testa a testa fra Bonaccini e Salvini. I cittadini hanno scelto Bonaccini. Che, probabilmente, dà più garanzie del Capo leghista come amministratore.
Così, il Pd e il centrosinistra hanno ripreso fiato. Anche in Calabria, dove Jole Santelli, candidata di centrodestra, ha vinto largamente, il PD è primo partito. Ma con un risultato modesto: circa il 15%. Mentre la Lega è stata superata da Forza Italia.
Tuttavia, la strada è lunga e impervia. E il Centrosinistra non potrà contare sempre sulle Sardine. E su Salvini.
Insomma, ” ce n’est qu’un début… “