L’Europa non crede ai piani di rilancio del governo, tanto che il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, afferma: « Quest’anno, l’economia rallenta, la nostra stima di inverno era di una crescita dello 0,2% ma ora potrebbe essere anche più bassa » . Quello che emerge per l’Italia nel cuore della ex residenza di Ceausescu al termine dell’Ecofin informale di Bucarest è un percorso a ostacoli. Che potrebbe sfociare, bene che vada, non solo in una manovrina di primavera, ma in una vera e propria stangata a fine anno.
Giovanni Tria salta la seconda giornata dei lavori dei ministri Ue, rientrato a Roma venerdì notte per lavorare al Def. E ieri intanto il capo dello Stato Sergio Mattarella sottolineava che «in una fase di rallentamento con rischi particolari per il nostro sistema economico, le istituzioni dovrebbero assicurare un contesto di fiducia e stabilità favorevole agli investimenti, politiche di sostegno all’innovazione e relazioni costruttive nel quadro internazionale per garantire una crescita sostenibile » . Ma incombe il calendario Ue, con tutti i suoi rischi per l’Italia.
Si parte il 7 maggio, con le previsioni economiche di primavera Ue che metteranno ancora più a nudo le fragilità dei conti italiani. Quindi il brivido del 5 giugno, quando la Commissione renderà note le raccomandazioni per l’Italia. Infine l’autunno, con la manovra monstre per il 2020. Il Def rappresenta il primo passo in questo campo minato. « Ho avuto una discussione con Tria – spiegava Dombrovskis ha assicurato l’intenzione del governo di rispettare il Patto di stabilità, per noi è importante».
Fiducia – al netto delle future mosse di Salvini e Di Maio – che testimonia come in queste ore tra Tesoro e Bruxelles si lavori per evitare il peggio. A maggio verrà fuori che nel 2018 – a causa del rifiuto gialloverde di mettere mano ai conti la scorsa estate – l’Italia non ha rispettato i parametri Ue con un buco fino a 5 miliardi. Ragion per cui la Commissione il 5 giugno dovrebbe mettere il Paese sotto procedura per violazione della regola del debito. Bruxelles però non vuole dare un colpo che avrebbe la controindicazione di dare benzina ai nazional- populisti in campagna elettorale.
Dunque Tria deve aiutare gli europei a trovare un escamotage per non commissariare l’Italia a inizio estate. Ma non sarà facile. Per Bruxelles l’accordo di dicembre sui conti 2019 è già saltato, con deficit e debito peggiori rispetto alle promesse gialloverdi. Dato negativo al quale si somma un 2020 nel quale a bocce ferme l’Italia sarà addirittura sopra il 3% di Maastricht. Con la somma di tre anni sopra i parametri Ue, per la Commissione sarà impossibile non agire. Ecco perché l’Italia deve tenere fede ( o almeno dare l’impressione di provarci) agli accordi sul 2019. Il che spiega la fretta di Tria di rientrare a Roma per lavorare sul provvedimento per la crescita che martedì tornerà in Consiglio dei ministri. Alzare un po’ il Pil, confermare le clausole Iva per il 2020 (anche se a Bruxelles sanno benissimo che il governo non farà salire l’imposta), non mettere la flat tax nel Def: questi i paletti concordati tra Tria e i responsabili Ue a Bucarest per calmare le acque. Oltre alla manovrina di estate annunciata ieri dallo stesso Dombrovskis: «Le clausole di salvaguardia di 2 miliardi messe a dicembre che congelavano alcune spese nel 2019 dovrebbero essere attivate».
Ammesso che queste contromisure bastino ad evitare la procedura a giugno, i mesi tra settembre e dicembre saranno anche più roventi di quelli dello scorso anno. «Già ora sappiamo che ci saranno 2 miliardi di tagli lineari a luglio e che il governo sta preparando la stangata di autunno » , osserva il presidente della commissione economica dell’Europarlamento Roberto Gualtieri, invitato ai lavori dell’Ecofin. Infatti per il 2020 non solo il governo dovrà disinnescare – non in deficit, altrimenti andrebbe sopra il 3% – 23 miliardi di clausole Iva, ma dovrà anche mettere a segno un risanamento del debito. A giugno Bruxelles dirà dello 0,6% del Pil, altri 10 miliardi, ma poi vista la recessione probabilmente concederà uno sconto. Difficile però che potrà andare sotto a un taglio dello 0,2-0,3% del Pil. Se a ottobre l’Italia non sarà in grado di mettere sul piatto i soldi per tagliare il debito, sarà di nuovo crisi.