Chiusa la partita di Brexit, con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea venerdì scorso, si conferma totalmente aperta una altra partita, quella sul futuro partenariato tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Ieri, a poche ore di distanza l’uno dall’altro, il capo-negoziatore europeo Michel Barnier e il primo ministro britannico Boris Johnson hanno iniziato un braccio di ferro dall’esito incerto. Nodo del contendere le condizioni di accesso al mercato unico.
In una conferenza stampa qui a Bruxelles, il capo-negoziatore Barnier ha presentato il mandato negoziale che deve essere approvato dai Ventisette e poi servire da base alle prossime trattative con Londra. Come è sua consuetudine, l’uomo politico francese si è voluto rispettoso, ma anche fermo nei confronti di un Paese che ha definito un «grande vicino», «un amico», «un alleato». Più volte Barnier ha ribadito che l’accesso al mercato unico prevede regole e obblighi.
Base del negoziato sarà una dichiarazione politica approvata sia da Londra che da Bruxelles nel 2019 e nella quale le due parti sono d’accordo per tentare di negoziare un «ampio ed equilibrato accordo di libero scambio» che «salvaguardi la parità di condizioni di mercato». Si tratta di «una offerta eccezionale», ha detto il capo-negoziatore europeo. Oltre alla parte economica, le parti vogliono negoziare un accordo anche sulla sicurezza e sulle modalità di risoluzione delle controversie.
«A noi la concorrenza va bene – ha assicurato Michel Barnier –, ma poiché le nostre economie sono vicine geograficamente e interdipendenti abbiamo due condizioni. La prima è che la concorrenza sia equa (…), la parità di condizioni deve essere difesa nel lungo termine, a difesa di standard elevati in campo sociale, ambientale, fiscale. La seconda è che l’accordo di libero scambio includa la pesca». Ha quindi fatto capire che Londra deve allinearsi alle regole europee per accedere pienamente al mercato unico.
Il capo-negoziatore ha ribadito al governo Johnson che «con l’uscita dall’Unione Europea inevitabilmente il rapporto non potrà essere business as usual». Ormai «abbiamo a che fare con due mercati diversi, il che ci imporrà di fare controlli, certificazioni, vigilanza». Ha precisato che «questi cambiamenti sono automatici, direi meccanici, la conseguenza della scelta britannica» di Brexit. È chiaro il desiderio europeo di evitare concorrenza surrettizia, specie per quanto riguarda gli aiuti di Stato o il fisco.
Quanto al capitolo sicurezza, Bruxelles è aperta alla piena collaborazione con Londra, ma a tre chiare condizioni. Prima di tutto vuole che il Regno Unito rispetti la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In secondo luogo, chiede che la Gran Bretagna applichi standard chiari nella protezione dei dati. Infine, devono essere previsti meccanismi di soluzione delle controversie: «Nel caso in cui in ballo è il diritto europeo, la Corte europea di Giustizia deve giocare il suo ruolo pienamente».
Da Greenwich, pochi minuti dopo, il premier Johnson ha elencato le sue ben diverse priorità (si veda l’articolo in questa stessa pagina). «Non vi è motivo che in un accordo di libero scambio dobbiamo accettare le regole europee sulla concorrenza, i sussidi, la protezione sociale, o l’ambiente», ha affermato, precisando che Londra non vuole «minare gli standard europei». Johnson ha spiegato che il suo Paese rispetterà comunque elevati standard in molti campi «senza le costrizioni di un trattato».
Come detto, Michel Barnier si è voluto riverente, ma anche risoluto con il partner inglese. «Se la Gran Bretagna chiede l’accesso a un mercato di 450 milioni di persone, ciò non può avvenire senza nulla in cambio. Non siamo ingenui (…) Aiuti di Stato rischiano di creare una inadeguata concorrenza». Il capo-negoziatore ha sottolineato come alla base del mandato negoziale presentato ieri vi si sia una dichiarazione politica firmata alla fine dell’anno scorso sia da Bruxelles che da Londra.
Per chiudere l’accordo, le parti hanno tempo fino alla fine dell’anno quando scadrà il periodo di transizione. I negoziati entreranno nel vivo in marzo dopo l’approvazione politica del mandato negoziale, attesa da parte dei Ventisette il 25 febbraio prossimo.
Bruxelles vuole negoziare su diversi tavoli fin dall’inizio e poi eventualmente, alla fine delle trattative, concentrarsi sugli aspetti più delicati pur di evitare danni irreparabili nel caso di una mancata intesa alla fine del periodo di transizione.