I negoziati tra il Regno Unito e la Commissione europea hanno subito ieri un’improvvisa accelerazione. Le parti si sono trovate d’accordo su una prima bozza di accordo di divorzio, che comprende anche una fase di transizione di 21 mesi. L’intesa preliminare è stata resa possibile dalla scelta britannica di ammorbidire le condizioni che Londra aveva posto all’inizio delle trattative, in particolare sulla controversa questione del confine tra le due Irlande. Un nodo che tuttavia rimane da risolvere.
«Abbiamo compiuto una parte essenziale del cammino verso un divorzio ordinato» della Gran Bretagna dall’Unione, ha annunciato ieri a Bruxelles il capo-negoziatore comunitario Michel Barnier in una conferenza stampa inattesa. «Una buona intesa tra il Regno Unito e l’Unione europea non è mai stata così vicina», ha aggiunto al suo fianco il suo omologo britannico David Davis. L’accelerazione è stata consentita negli ultimi giorni da «intensi» negoziati, anche notturni.
Le parti hanno trovato una prima intesa sia sul divorzio che sul periodo di transizione post-Brexit, che durerà fino al 31 dicembre 2020, come chiesto dai Ventisette. Tre erano i nodi più complessi: i diritti dei cittadini, il conto finanziario, e la frontiera tra le due Irlande. I primi due aspetti sono stati pressoché risolti. Londra ha accettato tra le altre cose che gli europei che si trasferiranno nel Regno Unito nel periodo di transizione (marzo 2019-dicembre 2020) godranno degli stessi benefici di coloro che sono arrivati prima.
L’aspetto che rimane ancora da finalizzare è quello irlandese. L’obiettivo è di evitare che con Brexit vi sia il ritorno di una frontiera tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord. Nella sua bozza di accordo di divorzio, Bruxelles aveva inserito tre opzioni, una delle quali prevede che l’Irlanda del Nord rimanga nell’unione doganale, in assenza di altre soluzioni. Contrario in un primo tempo, il Regno Unito ha accettato che questa soluzione venga inserita nel testo legale.
La bozza di accordo di divorzio e di transizione, un documento di 129 pagine, è evidenziata in tre diversi colori. In verde sono i punti su cui c’è intesa tra le parti; in giallo quelli su cui c’è un accordo politico; in bianco quelli ancora da risolvere.
La soluzione irlandese comprende i tre colori, tra le altre cose perché Londra spera ancora di trovare un’alternativa alla soluzione comunitaria, che tre settimane fa il governo May aveva criticato aspramente. Se intanto il Regno Unito ha deciso di ammorbidire la sua posizione, almeno parzialmente, è perché Dublino aveva minacciato il veto senza un accordo su questo aspetto. Un eventuale veto avrebbe colpito non solo l’accordo di divorzio, ma anche e soprattutto l’intesa sulla fase di transizione, ritenuta essenziale a Londra per rassicurare le imprese e i cittadini. In sospeso invece è ancora l’ipotesi di eventuali penalità nel caso in cui il Regno Unito non rispettasse l’acquis communautaire durante la fase di transizione.
Durante questo periodo (tra il 2019 e il 2020), è stato anche deciso che Londra potrà negoziare e firmare accordi commerciali con Paesi terzi. Le intese potranno entrare in vigore, ma solo con l’accordo delle autorità comunitarie. Come detto, l’accordo annunciato ieri è preliminare. L’obiettivo delle parti è di chiudere la trattativa entro ottobre, per poi consentire le ratifiche europea e britannica. Come ha voluto ribadire Michel Barnier, «nulla è deciso finché tutto è deciso».
Tra le questioni aperte, la protezione delle indicazioni geografiche e dei dati elettronici così come il rispetto delle sentenze giuridiche. Questo punto non è banale. Mentre Bruxelles vuole che la Corte europea di Giustizia abbia l’ultima parola nelle controversie giuridiche, Londra vorrebbe che il potere determinante fosse affidato a una commissione mista euro-britannica. Proprio oggi, i Ventisette dovrebbero discutere le linee-guida in vista delle trattative su un futuro accordo di partenariato.