Tre anni, sette mesi e otto giorni dopo il referendum che ha portato a Brexit, la Gran Bretagna ha formalmente lasciato l’Unione Europea. Ne aveva fatto parte per 47 anni. Un evento di grande importanza storica, politica, costituzionale e simbolica che cambia il destino del Paese, apre una lunga serie di incognite sul suo futuro e lascia un vuoto difficile da colmare nella Ue.
«La cosa più importante da dire è che questa non è una fine ma un inizio -, ha detto il premier Boris Johnson nel suo discorso alla nazione poco prima dell’ora fatidica -. Questo è il momento in cui arriva l’alba e il sipario si alza su un nuovo atto, un momento di vero cambiamento e rinnovamento nazionale».
In tutto il Paese l’arrivo del Brexit Day è stato festeggiato da molti e accolto con mestizia da molti. Ci sono state manifestazioni pro-Ue con lacrime e grande sventolìo di bandiere stellate e ci sono state celebrazioni anti-Ue con canti di gioia e tante Union Jack.
Un Paese spaccato
Ieri, come ai tempi del referendum nel 2016, la Gran Bretagna resta divisa, spaccata quasi esattamente a metà tra chi vede l’uscita dalla Ue come una liberazione che aprirà il Paese al mondo intero e chi la considera una mossa autolesionistica e controproducente che porterà a un isolamento e impoverimento del Regno Unito.
Per Johnson, che aveva guidato il fronte anti-Ue nella campagna del 2016 e che ha conquistato una maggioranza schiacciante alle elezioni del dicembre scorso, è un momento di trionfo. Il premier ha però evitato toni trionfalistici in pubblico, anche se in privato ieri sera ha ospitato a Downing Street ministri, consiglieri e amici per una festa con un menù rigorosamente British e un brindisi con vino spumante inglese. Fuori, nelle strade di Whitehall, ministeri e palazzi del Governo sono stati illuminati a giorno con i colori della bandiera – rosso, bianco e blu – mentre un orologio digitale proiettato su Downing Street ha scandito il conto alla rovescia fino all’ora dell’uscita. In Piazza del Parlamento e sul Mall, la via che porta a Buckingham Palace, invece del consueto arcobaleno di bandiere, su tutti i pennoni è stata issata una Union Jack.
Il Governo pensa al Nord
Nel pomeriggio Johnson aveva trascinato tutti i suoi ministri verso il ventoso nord dell’Inghilterra per tenere una riunione di Governo a Sunderland, che era stata la prima città a votare a favore di Brexit nel referendum del 2016. Un gesto simbolico, per ribadire il messaggio che il Governo intende essere meno focalizzato su Londra e sanare le divisioni emerse durante il tormentato percorso di uscita dalla Ue. Due leader politici donna hanno però ricordato a Johnson che il Regno Unito resta profondamente diviso e che il premier ha di fronte un percorso arduo.
A Edimburgo la premier Nicola Sturgeon ha dipinto Brexit come un’imposizione di Londra sulla Scozia, che viene «trascinata fuori dalla Ue contro la volontà della stragrande maggioranza dei cittadini». Due terzi degli scozzesi avevano votato a favore di restare nella Ue. È un momento di grande tristezza ma anche di rabbia, ha detto la leader dello Scottish Nationalist Party, che vuole un altro referendum sull’indipendenza in modo che la Scozia possa tornare a essere Paese membro della Ue. Nel frattempo la bandiera della Ue continuerà a sventolare sul Parlamento scozzese come gesto di sfida a Londra e di solidarietà con i cittadini europei residenti nel Paese.
In Irlanda del Nord, altro Stato del Regno Unito che aveva votato a favore di restare nella Ue, la leader di Sinn Féin ha ricordato ieri che l’opposizione a Brexit accomuna cattolici e protestanti. «C’è una grande e giustificabile rabbia tra la gente che non ha acconsentito all’uscita dalla Ue -, ha detto Mary Lou McDonald -. La Ue è stata una forza di pace in Irlanda e ha portato gli aiuti finanziari e il sostegno politico che hanno facilitato il progresso sociale».
Londra città aperta
Anche la capitale ha preso le distanze da Brexit, ieri come sempre. Il sindaco laburista Sadiq Khan ha dichiarato Londra “città aperta”. Il municipio ha aperto le sue porte per tutto il giorno ai cittadini curiosi, preoccupati o semplicemente depressi, che hanno avuto accesso gratuito alla consulenza di esperti legali e anche di psicologi.
La piazza del Parlamento è stata occupata fin dalle prime ore del pomeriggio dai sostenitori di Brexit con le loro bandiere che attendevano l’inizio della festa organizzata da Nigel Farage, leader del Brexit Party e vero artefice del divorzio dalla Ue, che si è conclusa con fuochi d’artificio alle 23 esatte. Un manifestante ha bruciato la bandiera europea. La bandiera stellata è invece apparsa proiettata sulle celebri scogliere di Dover. A sfatare il luogo comune che solo i giovani sono filo-europei, ieri due veterani della seconda guerra mondiale, entrambi ultranovantenni, hanno inviato una “lettera d’amore” alla Ue in un video proiettato sulle celebri scogliere di Dover, nel quale hanno espresso il loro rammarico per Brexit e la speranza che la Gran Bretagna torni ad avvicinarsi all’Europa.
Tutto cambia, tutto resta uguale
A partire da oggi Johnson vuole bandire la parola Brexit, per voltare pagina dopo tre anni e mezzo di divisioni, polemiche e contrasti. In realtà a finire è solo il primo capitolo di Brexit e la parte forse più difficile, i negoziati bilaterali che dovranno definire i rapporti di lungo termine e arrivare a un accordo commerciale, deve ancora cominciare.
Oggi tutto cambia ma tutto resta uguale. Nella vita quotidiana dei cittadini nulla cambierà fino al 31 dicembre, dato che la Gran Bretagna è entrata in un periodo di transizione che mantiene lo status quo. Pur essendo Paese terzo continuerà a essere nel mercato unico e nell’unione doganale. Restano in vigore quindi per altri undici mesi le quattro libertà fondamentali di circolazione delle persone, dei beni, dei capitali e dei servizi.