Fiato sospeso e dita incrociate, ora Stefano Bonaccini conta sul voto disgiunto per tenersi stretta l’Emilia Romagna. L’occhio del governatore, a quattro giorni dal voto nella regione rossa minacciata dal sovranismo leghista, è fisso soprattutto sugli elettori del Movimento 5 Stelle: che votino pure il loro partito, nonostante il crollo dei consensi e il caos sul possibile passo indietro di Luigi Di Maio, ma che poi scelgano lui per la presidenza, invece del pentastellato Simone Benini.
È lo splitting elettorale, il voto disgiunto, appunto, che consente a un elettore di scegliere una lista e contemporaneamente un presidente appoggiato da un’altra coalizione. E Bonaccini non fa mistero di voler agganciare così l’elettorato 5 Stelle. In parte sembra pure riuscirci. L’ex consigliera regionale 5Stelle Raffaella Sensoli, non ricandidata, lo ha detto per prima, all’indomani della scelta del Movimento di correre da solo: «Io farei il disgiunto. Non vorrei mai che andando da soli regalassimo la Regione a Salvini». A darle man forte c’è il vicepresidente del parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo, che consiglia agli elettori grillini di pensarci: «Ovviamente c’è il massimo sostegno alla lista 5Stelle, ma considerati i sondaggi i nostri elettori possono fare una riflessione. E magari scegliere il candidato più vicino alle nostre istanze, soprattutto sul Green Deal». Bonaccini, insomma. Le voglia di dare una mano al governatore contro l’ex alleato Salvini corre anche nelle chat social, e chissà che anche lo stesso Massimo Bugani, contrarissimo a fare la lista 5 Stelle in Emilia Romagna, non sia tentato alla fine dal disgiunto. Gli ultimi sondaggi circolati in casa grillina stimerebbero in un 1,5% il cosiddetto splitting a favore del governatore uscente. Non poco, per una lista ridotta ai minimi termini.
Bonaccini del resto ci conta, per un rush finale di campagna in cui la tensione continua a salire. Il governatore, assediato da Matteo Salvini che ieri ha fatto una incursione a Bologna inseguito dalle contestazioni, si è confrontato per la prima volta con Lucia Borgonzoni su una tv locale, dopo che è saltato il match a Sky. Confronto sui temi, per una volta, in cui la candidata leghista ha cercato però a più riprese lo scontro. Prima attaccando le sardine — «sono solo contro Salvini» — e poi il governatore: «Non ha fatto che denigrarmi per tutta la campagna elettorale. È stato molto triste». La candidata leghista ha sollevato pure davanti alla tv il caso del piccolo Comune di Jolanda di Savoia, in cui sarebbero stati tagliati i dipendenti perché non allineati nel sostegno al governatore. Una polemica sulla quale in serata spunta anche un esposto della sindaca del Comune, in possesso di un presunto audio di Bonaccini.
Una grana tra i piedi del governatore, che cerca di incrementare il risicato vantaggio che i sondaggi gli davano fino a dieci giorni fa. Per riuscirci si guarda ai grillini, ma pure alla sinistra radicale dell’Altra Emilia Romagna, lista non alleata con Bonaccini. Un messaggio che spinge a votare il presidente uscente è circolato nelle ultime ore nelle chat whatsapp dei sostenitori della lista, al punto che qualcuno scherza pure sul fatto che lo stesso candidato della lista di sinistra, Stefano Lugli, potrebbe alla fine votare Bonaccini. «Non è una opinione, è matematica: l’unico modo per fermare Salvini è votare Bonaccini» ha detto nel week end nel suo tour in Romagna anche il segretario Pd Nicola Zingaretti.
E non è detto che a dargli retta non ci siano anche alcuni elettori moderati, attirati da alcuni candidati in coalizione con Bonaccini, come l’ex Pdl Giuliano Cazzola, capolista di più Europa. In casa Forza Italia ad esempio, dove i dubbi sulla leghista Borgonzoni non sono mai stati un mistero, molti parlano di disgiunto. Crepe nel centrodestra, come la rivalità tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che la coalizione cercherà di nascondere venerdì alle 18 a Ravenna, quando tutte le liste con Borgonzoni si riuniranno a Ravenna. «Anche Berlusconi? Non lo so, se non ha problemi di salute» ha detto ieri Salvini.