I eri ultima riunione del Parlamento europeo. E così dopo le elezioni per Abruzzo, Sardegna e Basilicata, da qui al 26 maggio quando voteremo per l’Europa, passeremo altre settimane a osservare partiti che si contendono il consenso. Il voto, ogni voto dovrebbe essere il momento nel quale un Paese si ritrova per capire chi garantisce meglio il futuro. Nel caso di Bruxelles, come meglio influire su quella casa comune che ci ha garantito 70 anni di pace e sviluppo. E invece ci arriviamo con un’Italia incattivita, esasperata dalla battaglia continua anche tra quei partiti che, in coalizione, dovrebbero governare assieme. E così a ogni atto segue la sua bella polemica. O meglio a ogni decisione segue ben poco. Lega e 5 Stelle, firmato il contratto continuano a litigare, non avendo un’opposizione forte si trovano il nemico in casa per poter emergere e coagulare consensi. I provvedimenti sembrano perdersi nel viavai tra un ministero e l’altro. E l’Italia si ritrova a essere l’unico Paese che non cresce in Europa. Con imprese diventate sempre più sospettose.
Lei, Vincenzo Boccia che è alla guida della Confindustria, degli imprenditori italiani non è un po’ in imbarazzo? A Verona le hanno detto che era diventato leghista, a Milano dicono le sia piaciuto Di Maio…
«Nessun imbarazzo. Si tratta di semplificazioni e strumentalizzazioni di qualche giornalista che dovrebbe evidentemente cambiare le sue fonti».
Lo sapevamo è sempre colpa dei giornalisti…
«Io non generalizzo, faccia lei. A Verona abbiamo chiarito che per noi i provvedimenti sono del governo e non di una sua parte e che quindi se la Lega condivideva alcune nostre riflessioni ne chiedevamo coerenza. Sempre nella linea della nostra autonomia di valutazione dei provvedimenti, abbiamo notato convergenza su quanto anticipato dal ministro Di Maio su Imu e superammortamenti. Da qui la battuta del presidente di confindustria Lombardia ai giornalisti — “Di Maio sembrava uno di noi “ — e la mia condivisione che era chiaramente riferita in entrambi i casi a quanto Di Maio aveva presentato in occasione del nostro consiglio generale».
Ma qual è il clima che sente tra i suoi associati?
«Il rallentamento della situazione economica genera aspettative in termini di reazione. Ci si aspetta coerenza. Il fatto che il governo si renda conto che lavoro e crescita sono due aspetti fondamentali della tenuta della manovra e della politica economica del Paese è sicuramente un passo avanti che crea però maggiori aspettative da parte del mondo dei produttori».
Anche perché se non ci affrettiamo la Francia ci sta per superare e non saremo più la seconda potenza manifatturiera.
«Dobbiamo lavorare per mantenere e superare la nostra posizione e non possiamo fare errori. L’operazione verità del governo nell’ambito del Def sulla crescita corrisponde a quanto aveva dichiarato il nostro centro studi: noi prevedevamo crescita zero, il governo 0,1. Occorre reagire non constatare».
Ma sapete qualcosa del Def?
«Oggi (ieri per chi legge ndr) abbiamo presentato le nostre riflessioni in audizione. Stando al testo presentato dal governo, bene la revisione del dato sulla crescita. Il rallentamento dell’economia, essendo il nostro un Paese che vive di export — 560 miliardi di euro di cui oltre l’80 per cento grazie all’industria italiana — impone però di focalizzare l’attenzione sui fattori di produzione, lavoro e imprese, ragionando su una riforma fiscale che vada in tal senso. Avendo attenzione a 3 fondamentali: infrastrutture/investimenti pubblici, crescita e competitività delle imprese, credito alle imprese e alle famiglie. L’impatto sulla crescita che il governo prevede, appunto, coi decreti crescita e sblocca cantieri è da auspicare ma occorre una operazione rilevante sugli investimenti pubblici e immediata per l’apertura dei cantieri. Nonché un’attenzione a un piano di inclusione giovani nel mondo del lavoro».
Sì ma intanto né del decreto crescita né dello sblocca cantieri si sa qualcosa… E nel Def la crescita prevista è minima.
La Flat tax? Occorre una riforma fiscale complessiva. Ci sono ancora troppi pesi sulle imprese, serve un ambiente favorevole per chi investe e rischia
«Come detto, occorre cominciare a valutare gli effetti sull’economia reale, coniugare le ragioni del consenso con quelle dello sviluppo».
Almeno nel decreto crescita dovrebbe tornare il superammortamento…sarete contenti.
«Si, riteniamo che nella scia del piano industria 4.0 sia necessario premiare chi investe. Un primo passo di consapevolezza. Occorre una politica economica che si orienti su una industria ad alta intensità di investimenti, alto valore aggiunto e elevata produttività. L’industria italiana secondo noi dovrà essere la più sostenibile al mondo e così dare risposte anche alla generazione Greta. Il pensiero economico di Confindustria ha in sé un’idea di società, aperta, inclusiva, sostenibile».
La Flat tax vi è sempre piaciuta o almeno così sembrava con la Ires e l’Iri studiata dal governo Gentiloni.
«Occorre a nostro avviso una riforma fiscale complessiva. Abbiamo ancora troppi pesi su chi produce e occorre un clima favorevole a chi ogni giorno investe e rischia nel e per il Paese».
Se poi arriva come promesso lo sblocca cantieri con la riforma del codice degli appalti…
«Speriamo sia una vera semplificazione. Nel Paese non si è mai avuta la sensibilità della questione temporale: ossia fare presto oltre che in una dimensione massiva».
Il patto della fabbrica prevedeva cose concrete come la detassazione del lavoro, ma il governo vi ascolta?
«Il confronto con questo governo è partito in salita. Le divergenze ci sono, a partire dalla Tav, dal ricorso al deficit, dal decreto dignità. Ma nelle ultime settimane abbiamo notato un clima diverso nel linguaggio e nella volontà di confrontarsi su una serie di proposte. Cosa si deciderà è ancora presto per dirlo».
Al di là delle passerelle tra un bicchiere di vino e una poltrona di design siete stati convocati in questi giorni dal governo?
«Al Mise e al Mef varie volte, con le altre categorie, per un confronto in merito alle proposte sui decreti crescita e sblocca cantieri. Speriamo nell’interesse del Paese che ci facciano compiere un salto. Un’operazione rilevante per prepararci alla prossima manovra che non sarà semplice».
Nelle ultime settimane abbiamo notato un diverso linguaggio e la volontà di confrontarsi su alcune proposte. È presto per dire cosa e in quale
direzione si deciderà
E intanto si avvicinano le elezioni europee…
«Sia con un nostro documento che con sindacati, richiamiamo la politica al suo primato e ad avere una visione di futuro perché l’Europa diventi il luogo ideale per lavoro, giovani, imprese e con una dotazione infrastrutturale transnazionale imponente. Le alleanze in Europa sono una conseguenza di questi fini nella consapevolezza che la sfida è tra Europa e mondo esterno (con giganti come Usa e Cina) e non tra Paesi d’Europa».