Il Pil che cala, l’economia che rallenta, il tasso di disoccupazione che sale. «Bisogna evitare una spirale recessiva, il governo deve trovare un equilibrio tra le ragioni del consenso e quelle dello sviluppo, che è un interesse nazionale». Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, torna ad incalzare il governo: «Speriamo che recuperi buon senso e pragmatismo, la situazione è delicata», ha detto alla platea del Forum della Piccola di Confindustria che si è tenuto ieri a Bologna. «Potremmo tornare alla crisi, i dati ci dicono che ci stiamo avviando verso una fase di decrescita, che tutto è tranne che felice. Non so chi ne sia felice, noi no», ha continuato il presidente di Confindustria, che ai microfoni del Giornale Radio Rai, alla domanda se sia reale il pericolo di una recessione, ha risposto: «Con il pil in calo e l’economia in frenata il rischio c’è».
Per Boccia bisogna «riequilibrare la manovra» dal punto di vista della crescita. «Lo stiamo dicendo da tempo, ma vediamo che nessuno ci ascolta. Speriamo che questi dati facciano riflettere la politica e il governo». E quindi far decollare i cantieri: domani a Torino si terrà il grande evento nazionale a supporto del rilancio delle infrastrutture, a partire dalla Tav, che vedrà insieme 12 organizzazioni di imprese, da Confindustria ai commercianti, artigiani, cooperative, agricoltura(sono attese quasi 3mila persone). «Rappresentano 3 milioni di aziende, oltre il 65% dei protagonisti dell’economia del paese», ha detto il presidente di Confindustria. «Da Torino partiranno tre messaggi: sì alle infrastrutture, sì alla Tav, sì alla crescita». Bisogna andare oltre i dogmi e le ideologie: «l’Italia deve diventare un grande hub, centrale tra Europa e Mediterraneo, per farlo bisogna investire in infrastrutture». Parole analoghe a quelle pronunciate da Carlo Robiglio, presidente della Piccola industria: «Il nostro è un grido di dolore che rivolgiamo alla politica, equidistanti dai partiti ma con una visione di politica industriale e quindi una visione politica. Auspichiamo di sederci con il governo e ragionare insieme». Il problema non è lo sforamento di un punto di deficit: «Può essere una grande occasione in chiave europea, dimostrare che anche se si sfora si liberano risorse per la crescita. L’apertura del dialogo è un buon segnale. Il punto però è dimostrare se le risorse sono usate per la crescita o meno». Come si fa a crescere, si è chiesto Boccia, se si depotenzia Industria 4.0, se non si ha attenzione alla formazione, all’alternanza scuola-lavoro, se chiudi i cantieri.
La priorità è il lavoro. «Ma i posti non si creano con l’assistenza, si creano abbassando il cuneo fiscale e con un grande piano di inclusione giovani, partendo dal Mezzogiorno», ha sottolineato il presidente di Confindustria. È la crescita la precondizione per ridurre i divari: «Contestiamo il reddito di cittadinanza dal punto di vista del processo», ha detto Boccia, soffermandosi sulla possibilità di rifiutare 3 proposte di lavoro, della cifra di 780 euro per lavorare 8 ore a settimana quando il salario d’ingresso di un giovane può arrivare a 1000 euro per lavorare 40 ore. «I dati di questi giorni non ci fanno sperare benissimo, ma siamo stati sempre ottimisti nel recupero del buon senso e del pragmatismo del governo e del Parlamento». Dal vice ministro allo Sviluppo, Dario Galli, è arrivata la rassicurazione che si cercherà di recuperare i fondi per la formazione legata a Industria 4.0. Fosse per lui, ha detto Galli, tutte le risorse disponibili per tre anni dovrebbero andare al taglio del cuneo. Si vedrà nel dibattito parlamentare. «L’Italia è la seconda manifattura d’Europa – ha voluto sottolineare Boccia – nonostante i deficit di competitività. La domanda è, quando qualcuno parla di prenditori o di capitalismo di relazione, come mai lo siamo? Evitiamo di usare parole stantie, si vada ai fondamentali del paese, si rispetti chi la mattina apre le fabbriche, esporta nel mondo e fa gli interessi dell’Italia». Ed ha indicato alcune proposte di Confindustria: pagamento dei debiti della Pa, incremento del Fondo di garanzia, non ridurre il credito di imposta in ricerca e innovazione, detassare i premi di produttività. Misure che richiedono poche risorse, ha detto, e che danno l’idea «di un piano organico per l’economia».