Diciamocelo, Confindustria, sindacati, associazioni, sembrano non interessare più il potere politico. In questa campagna elettorale, di imprese, lavoro non se ne sente parlare. È come se i candidati e partiti avessero scelto di parlare ai singoli, al massimo alle famiglie. Un dialogo diretto, senza intermediari. Sulla scena sembrano essere rimasti solo lo Stato e i politici amministratori che devono decidere come distribuire le risorse del Paese ai cittadini. Peccato che quelle risorse siano il frutto del sistema produttivo apparentemente ignorato. La voce degli industriali a capo della filiera che produce la ricchezza di questo Paese per quanto urli e tenti di farsi sentire non pare cogliere l’attenzione dei partiti. Solo distrazione o un’assenza di peso politico dell’impresa? Di sicuro Vincenzo Boccia ha deciso di rilanciare dopo sette anni le Assise degli industriali. A Verona, il 16 febbraio, Confindustria riunirà 5 mila imprenditori per pesare su una campagna elettorale «tutta giocata su redistribuzione e promesse quando invece il mondo reale è ben più complesso», dice Boccia. Forse anche per questo di politici non se ne vedranno.
Niente politici a Verona, alle vostre Assise. Perché?
«Essendo a pochi giorni dal voto sarebbe diventato un luogo di campagna elettorale. E non di proposta come vogliamo che sia».
In effetti visto il peso che stanno assumendo fatti gravissimi come quelli di Macerata, con la politica pronta a fagocitare tutto…
«I fatti sono più che gravi. Ma il Paese ha bisogno anche di soluzioni oltre che di diagnosi continue dei problemi, di un dividersi sulle parole più che sulle misure concrete».
Sul fronte economico la ripresa dovrebbe rendervi tranquilli. O è una crescita poco solida?
«L’inversione di tendenza è iniziata, ma va consolidata e deve estendersi a tutte le imprese. Non dimentichiamo che la divaricazione tra aziende che vanno molto bene, aziende che vanno male e quelle che stanno in mezzo è ancora ampia. Per questo diciamo che le riforme che hanno contribuito a innescare questo processo positivo non devono essere smontate ma, al contrario, rafforzate».
Veramente qui si parla molto di smontare Fornero, Jobs act.
«E infatti è paradossale».
Cosa?
«Che in Francia, Macron e il suo governo vogliano copiare le nostre riforme Fornero e Jobs act perché non le hanno. E noi le smontiamo. Per di più Macron ha il chiaro obiettivo di far diventare la Francia il 2° Paese manifatturiero d’Europa, cosa che noi siamo già adesso. E questo grazie alle imprese».
Che non sembrano essere interessanti per il dibattito politico.
«Su questo basti dire che Macron ha fatto una cena a Versailles per attirare capitali e imprese da tutto il mondo Italia compresa…».
L’Italia ha fatto Industria 4.0.
«E infatti ha funzionato e ha spinto la ripresa, perché erano misure indirizzate alle aziende. A creare sviluppo e produrre ricchezza. Qui di risorse nessuno parla. Ma come si finanziano le tante offerte e promesse che ho sentito fare in questi giorni? Quasi non avessimo un debito di 2.300 miliardi».
Ma si dice che crescendo di più…
«Senza dubbio. Possiamo farlo. Pur non avendo materie prime siamo la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania. Ma ci rallentano criticità come la burocrazia farraginosa, lentezza della giustizia, alto costo dell’energia, infrastrutture insufficienti, per fare qualche esempio. Di questo non sentiamo parlare. E pensare che potremmo aspirare a scalare la prima posizione come Paese manifatturiero. Le nostre imprese e i nostri imprenditori sono i migliori del mondo».
Lo dica: vi sentite ignorati.
«No, non ci spingeremmo a dire che le imprese sono ignorate, ma nei programmi elettorali non troviamo oggi una visione organica di politica economica che riconosca all’impresa il ruolo centrale che questa ha per quella crescita di cui abbiamo parlato e che, sola, può sviluppare l’occupazione di cui il Paese ha grande bisogno».
La Flat tax avvantaggerebbe anche le imprese.
«Il concetto è condivisibile e così la strada di una semplificazione fiscale che a nostro avviso dovrebbe partire dall’alleggerimento degli oneri per imprese e lavoratori. In quest’ottica ben venga anche la riduzione delle aliquote che è alla base del principio che porta alla flat tax».
Se le imprese sono ignorate pensi al lavoro… Anzi la Cgil chiede salari più alti come in Germania…
«Come non condividerlo? Valorizzando però il collegamento con la produttività. Dobbiamo perciò arrivarci attraverso un percorso che si nutra di fiducia reciproca e che metta tutti noi, imprese e sindacati, nella condizione di collaborare per recuperare competitività».
Degli imprenditori hanno preferito vendere Ntv invece di quotarla e tenerla italiana…
«Siamo un’economia aperta e accogliamo con favore gli investimenti esteri. Questa attenzione alle nostre imprese dimostra che esprimiamo grandi valori industriali. Precedenti acquisizioni hanno dimostrato che la ricaduta nel Paese in termini di occupazione e penetrazione dei mercati è molto aumentata. Non dimentichiamo, poi, che anche noi abbiamo acquistato imprese all’estero come è accaduto a Fincantieri con la francese Stx e a Ferrero con il ramo americano della Nestlé. Molte delle nostre imprese, infine, lavorano in tutto il mondo con grande successo».
Forse perché sono esposte alla concorrenza internazionale. Qui un’azienda municipalizzata la romana Acea ha reintrodotto l’articolo 18…
«Si tratta di un’impresa che ha preso una decisione non in linea con le scelte del nostro Sistema confindustriale. Un caso particolare che non cambia e non cambierà la nostra posizione. Tanto più che il Comune di Roma ha avallato la sua scelta. Del resto cosa vuole, c’è anche chi propone tasse sui robot. La politica arriva a questo».
Ma ci sono anche imprenditori che flirtano con i 5 Stelle che hanno difeso la scelta di Acea…
«Confindustria non si esprime sulle scelte individuali. Noi non valutiamo partiti o persone, ma idee, proposte e programmi. Per noi ci sono alcune questioni di politica economica non discutibili. Innanzitutto le infrastrutture, che non possono e non devono essere considerate un problema, ma uno strumento di inclusione e di riduzione dei divari tra territori, perché permettono di collegare periferie e città, capoluoghi tra loro e il nostro Paese al mondo».
Si riferisce al gasdotto Tap bloccato e visto come un problema…
«Ci riferiamo a un atteggiamento secondo il quale non si guarda alla bontà delle misure delle scelte ma a chi le fa. Il Jobs act e il piano Industria 4.0, hanno prodotto evidenti effetti sull’economia reale del Paese, non possono essere rimessi in discussione a prescindere del governo che le ha fatte e di quello che verrà che magari avrà un colore diverso. Cancellare la legge Fornero con un colpo di spugna significa aumentare il deficit in un Paese dove il nodo risorse non è marginale dato il nostro debito pubblico. Ci vogliono senso della realtà e responsabilità verso il Paese prim’ancora che difendere i propri interessi di parte».
Ma se qui non si fanno nemmeno le priorità dicendo faremo prima questo o prima quello…
«Da Verona daremo più di qualche consiglio, presenteremo un progetto organico di politica economica che proporremo alle forze politiche che dopo il 4 marzo governeranno il Paese. Sarà la nostra agenda per la prossima legislatura, sulla base della quale misureremo proposte e risultati».
Qualche anticipazione?
«Il nostro progetto ha tre obiettivi: il lavoro, a partire dai nostri giovani, la crescita come precondizione per realizzarlo e la riduzione del debito pubblico, per aspirare a una società aperta e inclusiva, che metta al centro le persone, capace di contrastare disuguaglianze e povertà. Per raggiungerli declineremo azioni e misure su assi che toccheranno tutti i temi chiave per l’economia e che coinvolgeranno tre attori: l’Europa, la politica, le imprese».