L’Italia, un grande paese industriale. Vincenzo Boccia lo scandisce alla fine del discorso all’assemblea pubblica di ieri: potremmo essere i primi eliminando gli handicap, puntando al lavoro come missione prioritaria, pensando soprattutto ai giovani. Occorre affrontare il «nemico» debito pubblico; ammodernare la pubblica amministrazione e accelerarne i pagamenti; realizzare un grande piano di infrastrutture italiano e Ue, senza retromarce su opere strategiche come Terzo Valico, Tav e Tap; avere un fisco che pesi di meno sui fattori di produzione, combattendo l’evasione; puntare sul merito come ascensore sociale.
«Ecco l’Italia a cui aspiriamo», ha detto il presidente di Confindustria in uno dei passaggi della relazione, davanti ai 5mila delegati, interrotto da molti applausi. Consapevoli che per creare lavoro c’è bisogno «che il paese comprenda l’importanza di avere un’industria forte e competitiva». La questione industriale, quindi, come «questione nazionale». In un’Europa che «va cambiata, ma dal di dentro» e che «è imprescindibile». Un quadro in cui «la politica deve riappropriarsi del suo ruolo», una politica «forte» che dia risposte ai disagi, non si chiuda nelle «tattiche di breve periodo» ma che sia all’altezza delle sfide, con un’idea di paese. «Se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l’economia, lavora in realtà contro se stessa», occorre invece pensare al bene comune, «anche a costo di scelte impopolari», è stato il messaggio lanciato da Boccia ai partiti e al nuovo governo, pur senza riferimenti espliciti. «Cambiare senza distruggere». Con attenzione ai conti: «non è affatto chiaro dove si trovano le risorse per le tante promesse elettorali».
In platea il presidente del Consiglio uscente, Paolo Gentiloni, e alcuni suoi ministri, tra cui quello dello Sviluppo, Carlo Calenda, che come tradizione interviene; la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, i vice presidenti della Camera, Mara Carfagna ed Ettore Rosato. È stato applaudito Gentiloni quando Boccia l’ha ringraziato per la capacità di dialogo del suo governo sui temi dell’industria. E subito dopo l’applauso è stato per il ricordo sull’anniversario della strade di Capaci.
Il presidente di Confindustria ha esordito tratteggiando lo scenario italiano e internazionale, con l’economia mondiale che comincia a rallentare e Usa e Cina che puntano ad aumentare la produzione industriale. «Due grandi paesi, una priorità, la questione industriale». Deve esserlo anche per noi, in Italia e nella Ue. All’Europa è dedicato il video proiettato in apertura: nella Ue l’Italia deve far sentire la propria voce, nessuna sfida può essere affrontata singolarmente, ha sottolineato Boccia, citando alcune frasi recenti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Grandi riforme, ma anche «singoli progetti», come la regolazione del sistema bancario: le regole hanno già determinato un effetto restrittivo sul credito, invece bisogna favorire l’afflusso di liquidità alle imprese. E concentrarci sul bilancio europeo 2020-2027 per sostenere i grandi investimenti nel paese, anche con gli eurobond. «Bisogna agire subito, non su un’inutile battaglia per avere qualche decimale in più di flessibilità, risorse per fare più deficit e più debito», ha sottolineato Boccia.
Il patto europeo va ripensato come «patto di crescita e stabilità», perché la crescita garantisce la stabilità. Con grande attenzione al debito pubblico, con «realismo, consapevolezza e responsabilità». Occorre «una politica che rassicuri sulla graduale riduzione del debito», per raggiungere la vera missione lanciata già alle Assise di Verona: il lavoro, in un «paese più giusto e inclusivo». Va ricucito lo «strappo intergenerazionale». Per Boccia oggi l’attenzione è troppo spostata sulle pensioni: «non si può scaricarne l’onere sui giovani», più enfasi sul lavoro , che «abbassa il bisogno di garantire un reddito a chi non riesce a procurarselo». È un patto per il lavoro, ha detto Boccia, anche il Patto della fabbrica firmato con Cgil, Cisl e Uil, in cui si parla di proposte come riduzione del cuneo fiscale, inclusione dei giovani con piena detassazione e decontribuzione per i primi anni, formazione, contratti che puntano alla produttività. Una firma che ha un valore strategico: «le parti si sono compattate, collaborando per la competitività».
Una competitività da perseguire anche fuori dalle fabbriche. E quindi con una Pubblica amministrazione moderna, che passa attraverso una revisione del Titolo V della Costituzione; va superata quella «fuga dalla decisione» rivedendo le troppe forme di responsabilità dei dirigenti pubblici. «Non bisogna più consentire che fallisca chi ha crediti certi verso la Pa, ancorché non pagati, è un atto di inciviltà e di abuso», ha detto Boccia tra gli applausi. Altro capitolo il fisco: meno tasse sui fattori di produzione, anche se l’alto debito impone prudenza. «La politica fiscale ha bisogno di una regia chiara, coerente, immune da manovre per captare consenso politico», ha sottolineato Boccia.
E poi c’è la grande questione infrastrutture, parte di un grandissimo progetto europeo oltre che «la precondizione per costruire una società inclusiva e ridurre i divari» e ridare nuova centralità all’Italia. Rischiamo di perderla, insieme alla credibilità, ha detto Boccia, mettendo in discussione scelte strategiche come il Terzo Valico, la Tav e la Tap. Non solo, ha aggiunto riferendosi anche all’Ilva: «Quale messaggio diamo agli investitori con le incertezze sull’Ilva di Taranto, vitale per la nostra manifattura e per l’economia del paese e mentre il mondo vuole più acciaio», si è chiesto Boccia. Soffermandosi anche su Alitalia: «Non dobbiamo tornare ad un eccesso di statalismo o a ipotesi di banche pubbliche», ha detto riferendosi alle notizie circolate in questi giorni. Le recenti elezioni, ha aggiunto Boccia, confermano che «bisogna riprendere in mano il cantiere delle riforme istituzionali per garantire la governabilità», un elemento essenziale per non navigare a vista e dare «certezza del futuro» al paese.