Presidente, alla manifestazione di Cgil, Cisl e Uil ha aderito anche la Confindustria dell’Emilia Romagna. Che significa?
«Ha aderito, col consenso di tutti noi, la Confindustria di Ravenna – risponde il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia –. In piazza c’erano gli imprenditori giustamente preoccupati sulla questione delle trivelle: bloccare gli investimenti mette a rischio la vita delle aziende e tantissimi posti di lavoro».
Solo questo o si può pensare a una piattaforma comune tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil?
«C’è un lavoro continuo tra noi e i sindacati a partire dal Patto per la fabbrica. Nell’ultimo incontro ci siamo detti che bisogna incalzare il governo sui temi dell’Europa e della centralità del lavoro e dell’occupazione. E chiediamo una legge sulla rappresentanza perché deve essere chiaro quanto noi contiamo: invece il governo non ci ascolta e preferisce dialogare solo con chi gli dà ragione, a prescindere dalla rappresentanza. A Torino, a dicembre, abbiamo fatto un’iniziativa a favore della Tav con le altre associazioni d’impresa che contano e poi al tavolo col governo ci siamo trovati con oltre 30 sigle, senza risolvere nulla. Il governo si trincera dietro questa storia dell’analisi costi benefici, ma ha valutato i costi per le imprese e i lavoratori che verrebbero dal blocco delle opere?».
Intanto, la produzione industriale è calata in un anno del 5,5%, il peggior dato dal 2012. Che sta succedendo?
«Che il rallentamento dell’economia globale e in particolare della Germania comporta un rallentamento della nostra economia. Siamo un Paese che esporta beni e servizi per 550 miliardi, di cui 450 dalla manifattura. I Paesi al mondo verso cui esportiamo sono nell’ordine: la Germania, che prende il 12% del totale, la Francia, col 10% e gli Stati Uniti, col 9%. Il governo farebbe bene a prendere atto dei dati e della realtà. Mi riferisco, è evidente, anche alle tensioni con la Francia: vanno assolutamente evitati incidenti con un Paese al quale ci legano profondi interessi: siamo fondatori dell’Europa e grandi partner commerciali».
Come vanno i rapporti col governo?
«C’è un’altra domanda?», sorride Boccia
La riformulo così: ci sono rapporti col governo?
«Diciamo così: abbiamo difficoltà a capirci. Per esempio: noi da tempo diciamo che ci vorrebbe una manovra compensativa, perché ci rendiamo conto che, con l’arrivo della recessione, non si può fare una manovra aggiuntiva che aumenti il deficit e il debito. Allora, in uno spirito costruttivo, diciamo al governo: guarda che solo per parlare delle opere sopra 100 milioni di euro, ci sono 26 miliardi già stanziati con i quali si potrebbero aprire i cantieri e far crescere il Pil di un punto in tre anni. Se ci mettiamo anche i lavori sotto i 100 milioni e un uso intelligente dei fondi di coesione europea, potremmo fare molto di più. Facendo questo e sbloccando Tav e trivelle, si avrebbero 450 mila posti di lavoro aggiuntivi. Ma il governo non ci risponde nel merito mentre si scatenano gli squadristi della rete».
Squadristi della rete?
«Sì, lo ripetiamo, squadristi della rete. C’è un brutto clima. Facciamo un altro esempio. Noi non critichiamo il reddito di cittadinanza perché siamo contrari ad aiutare i poveri, ma facciamo delle osservazioni di merito. Diciamo che non è con i navigator, a loro volta precari, che si creano i posti di lavoro, ma con lo sviluppo. E diciamo pure che 780 euro al mese di reddito in molti casi scoraggiano le persone dal cercare lavoro. Allora ci attaccano e ci insultano, dicendo che i salari sono troppo bassi. Ma lo sanno che sul netto che va al lavoratore si aggiunge il 120% di tasse e contributi? Insomma, serve un confronto vero, nel merito delle questioni, non a colpi di tweet. Il governo, invece di etichettare come buoni quelli che gli danno ragione e cattivi quelli che lo criticano, dovrebbe per esempio chiedersi perché i sindacati scendono in piazza e con loro anche gli imprenditori preoccupati per il blocco dei cantieri».
Quindi anche voi chiedete l’apertura di un tavolo?
«Noi chiediamo soprattutto soluzioni. Dopo sette mesi di governo non ci sono più alibi, sono loro che devono mettere in campo gli interventi giusti per la crescita. Basta con il dare ora la colpa all’Europa, ora a Macron ora a non sappiamo chi altro».
Un problema, per 5 Stelle e Lega, sono anche i vertici di Banca d’Italia e Consob, che andrebbero «azzerati».
«Questa è la dimostrazione di quello che dicevamo prima: stanno in continua campagna elettorale. L’indipendenza e l’autonomia di Banca d’Italia e Consob sono a garanzia del sistema democratico di pesi e contrappesi».
A volte Confindustria pare ondivaga: da un endorsement alla Lega alla minaccia di scendere in piazza.
«Non è vero. Noi giudichiamo in autonomia e nel merito dei provvedimenti. A novembre ci appellammo al presidente del Consiglio Conte perché evitasse la procedura europea d’infrazione che sarebbe stata un danno per tutti e quindi quando lo ha fatto ci siamo complimentati. La stessa cosa riguarda i cantieri: se ora protestiamo e ne chiediamo l’apertura e domani il presidente Conte ci ascolta e diciamo che ha fatto bene, non è che siamo ondivaghi».
L’ipotesi che Confindustria tutta scenda in piazza è ancora sul tavolo?
«Tutto è possibile, ma il giorno che dovesse succedere saremmo alla frutta. Non vogliamo che accada, ma non possiamo escluderlo. Confindustria non si può assumere la responsabilità morale di assistere a un governo che non fa nulla mentre la situazione economica peggiora».
Non tiene conto del fatto che il governo minaccia di far ritirare le aziende pubbliche da Confindustria?
«Abbiamo detto di un clima che non ci piace affatto. Pensiamo che questo governo debba maturare. Alcuni suoi esponenti sono ragazzi che a loro dire vogliono migliorare il Paese, ma devono imparare a rispettare il valore della rappresentanza e della libertà di critica. Invece assistiamo a continue minacce: i giornali muovono appunti e allora si fa una legge per togliere loro i contributi; qualche nostro imprenditore dissente e guarda caso ci dicono che interverranno proprio nel settore in cui opera; i sindacati vanno in piazza e nel mirino finiscono le pensioni dei sindacalisti; la Banca d’Italia dice che la manovra non va bene e allora va azzerata; noi difendiamo le imprese e ci vogliono punire dal lato delle aziende partecipate. Bene, sappiano che queste rappresentano il 2% dei contributi a Confindustria. Inoltre, si tratta di aziende quotate e quindi non lo decide il governo se devono stare o meno in Confindustria. Comunque, non può essere questa la logica del confronto».