Pace fiscale forever. Nell’attesa che i vertici di queste ore tra il premier Conte, i suoi vice Salvini e Di Maio ed il ministro dell’Economia Tria rendano un po’ più nitidi i contorni della manovra, il sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci chiarisce i termini di quello che non è soltanto tra i punti più delicati della prossima legge di Bilancio, ma dovrebbe pure rappresentarne la più consistente voce d’entrata. Con una novità, finora sfuggita ai più: la «pace fiscale» a cui pensa la Lega non dovrebbe essere affatto una misura una tantum , bensì permanente, destinata ad andare a regime.
Sottosegretario, che bisogno c’è della «pace fiscale»?
«L’idea nasce dalla constatazione di un dato di fatto: in Italia i debiti col Fisco ammontano all’incirca a 1.050 miliardi. Il 25% di questi è inesigibile perché riferito a realtà che non esistono più o a contribuenti che si sa per certo non potranno pagare mai; un altro 25%, invece, è oggetto di contenziosi che, ragionevolmente, vedranno il Fisco soccombente nell’ultimo grado di giudizio. Siamo partiti da qui e abbiamo pensato al modo migliore per dare allo Stato ciò che gli spetta senza massacrare i contribuenti».
E dunque via al condono.
«Parliamo di artigiani che non hanno pagato le tasse perché hanno preferito pagare gli stipendi dei dipendenti, di imprese che potrebbero tornare ad essere sane ma dopo la crisi sono rimaste incagliate tra grandi indebitamenti con le banche e contenziosi mostruosi col Fisco. E poi ne beneficeranno anche i bilanci della pubblica amministrazione».
Come?
«Alcuni di questi crediti “impossibili” oggi vengono normalmente iscritti tra le entrate, viziando i conti. Potremmo parlare di un’operazione verità, trasparenza».
Condoni, sanatorie, rottamazioni, ora la pace fiscale. Come dovrebbe sentirsi chi paga le tasse sempre e regolarmente?
«Parliamo di gente che lavora e dà lavoro, che sta attraversando un momento di difficoltà temporaneo. Vogliamo soltanto dare loro l’occasione per ripartire».
E come eviterete che se ne approfittino i furbi?
«Verrà verificata la situazione reddituale e patrimoniale del richiedente, oltre alla sua posizione nei confronti del Fisco, se necessario con ispezioni della Guardia di Finanza. L’impossibilità di pagare dovrà essere conclamata. E per evitare che sfruttino la chance i grandi evasori ci sarà un tetto: al momento è fissato a un milione ma potrebbe scendere nel corso delle trattative con il Movimento Cinque Stelle».
Quali saranno le aliquote?
«L’ipotesi è 6%, 15%, 25% ma gli scaglioni li stiamo definendo in queste ore con i tecnici del ministero. Ovviamente saranno eliminati interessi e sanzioni».
Ma le misure già esistenti, come il concordato, non erano sufficienti?
«No, a nostro avviso è necessario ampliarne i confini rendendo più semplice l’adesione. Ci si siede tutti attorno ad un tavolo e insieme si stabilisce la transazione più equa».
E questo per sempre.
«Già lo fanno in Francia e in Germania, basandosi sulla reale capacità del contribuente. La pace fiscale avrebbe un profilo “una tantum ” quanto all’arretrato e “a regime” per il futuro. Anche questo, se vuole, la differenzia dal condono tombale».
In questo modo pensate di poter finanziare flat tax, reddito di cittadinanza e «quota 100» sulla legge Fornero?
«Stiamo lavorando a molte misure di impatto pluriennale, alcune le ha citate lei, aggiungerei la cedolare secca per gli affitti commerciali e la riduzione dell’Ires dal 24 al 15%, una sorta di “nuova Tremonti” che tenga conto di investimenti, assunzioni, ricerca e sviluppo. È evidente che se le voci d’entrata fossero una tantum potrebbero essere utilizzate solo per investimenti e spese non ripetibili».
Che incasso vi aspettate? Si è letto di tutto, da 3 a 20 miliardi.
«Salvini ha detto 20 miliardi e quella è la cifra a cui ci atteniamo noi della Lega. Ma è chiaro che lui non si riferisce solo alla pace fiscale, ci mette pure la voluntary disclosure ».
Ci sarà anche quella nella manovra?
«In Francia ha funzionato portando in cassa allo Stato 5 miliardi. Si tratta di riportare in Italia, in trasparenza, il contante depositato all’estero, secondo i nostri uffici si tratta di svariate centinaia di miliardi. Ovviamente parliamo di proventi di attività lecite. Noi siamo favorevoli, il M5S è più rigido, ne stiamo discutendo. Personalmente ritengo rientri appieno nel contratto di governo».
Se passasse, a quanto ammonterebbe l’imposta sostitutiva?
«Il 15%».
Ci sarebbe un tetto anche qui?
«No, contrasterebbe con la logica stessa del provvedimento».
Queste misure finiscono per sovrapporsi alla rottamazione delle cartelle voluta dal Governo Renzi. Non si rischia il caos?
«Stiamo lavorando per consentire a chi è rimasto escluso dalla rottamazione di aderire alla pace fiscale, non c’è sovrapposizione ma continuità».
Che strumento pensate di adottare? La pace fiscale sarà contenuta nella legge di Bilancio?
«Difficile. La misura sarà ovviamente indicata nel Def, che ha natura programmatica, poi pensiamo che lo strumento più adeguato sia un decreto collegato alla manovra. Ci consentirebbe di procedere più spediti».