C’è futuro per la plastica ferrarese oltre il cracking? L’interrogativo cruciale per l’intero sistema industriale della nostra provincia, del quale il petrolchimico è il perno, si pone appunto per via della chiusura annunciata da parte di Eni dell’impianto di Marghera che produce l’etilene e il propilene di origine fossile poi destinato agli impianti ferraresi di Versalis e LyondellBasell. E la data di questa chiusura, aprile 2022, è il punto di caduta di tutti i ragionamenti ormai imposti dall’esigenza di transizione ecologica, verso una chimica verde e svincolata dal petrolio, con una transizione gestita con approvvigionamenti di materie prime petrolifere forse dal Far Est. L’idea che ha di questo futuro il soggetto centrale delle nuove strategie, cioè Versalis controllata da Eni, sta emergendo in queste settimane in maniera ormai chiara, sia attraverso le affermazioni del suo management che per effetto di analisi indipendenti sulle mosse in bozza e in parte già attuate nei petrolchimici del quadrilatero padano (Marghera, Ferrara, Mantova e Ravenna) e anche più a largo raggio. Senza trascurare il ruolo di LyondellBasell.
È stato l’amministratore delegato Adriano Alfani a fornire ai sindacati chimici nel corso di una videoconferenza qualche punto fermo delle visione Versalis. Eccoli, nella sintesi diffusa dagli stessi rappresentanti dei lavoratori. I grandi impianti di cracking costruiti negli ultimi anni in Cina e Medioriente rispetto a quelli europei producono tre volte di più con gli stessi costi unitari, quindi l’etilene prodotto in Europa non è competitivo con quello orientale e costa comunque il 50-60% in più di quello Usa. La strategia Versalis è dunque di andare verso la specializzazione, con il 50% del portafoglio entro 5-10 anni, continuando a produrre intermedi ma arrivando fino al penultimo anello della catena, cioè alla componentistica. L’ultimo, ormai, è il riciclo appunto di plastiche, gomme e stirenici, cioè i tre prodotti di base di Versalis. Come si traducono questi obiettivi sugli stabilimenti produttivi? A Brindisi sono destinati importanti investimenti sul cracking, che quindi resterà aperto. A Porto Marghera, invece, si prevede un impianto di trasformazione dell’acetone prodotto a Mantova in alcol isopropilico, primo in Italia, e sarà realizzato un polo di riciclaggio meccanico della plastica. Sono previsti investimenti in tutti gli stabilimenti dove si produce la plastica polietilene, tra i quali Ferrara, per migliorare la qualità del prodotto. Le gomme elastomeri, che hanno visto nel 2018 un investimento di 250 milioni in piazzale Donegani, saranno valorizzate qui e a Ravenna anche grazie all’accordo con Bridgestone.
Poi si svilupperà un polo bio, a partire dal bioetanolo prodotto nell’impianto acquisito nella vercellese Crescentino, da quale si svilupperà anche il mercato della detergenza. Oltre al riciclo meccanico della plastica, limitato ad alcune tipologie (un paraurti ad esempio non si può recuperare per questa via), si punta su quello chimico, dal quale si può appunto tornare ai monomeri etilene e propilene a loro volta riutilizzabili per produrre ancora plastica. Il primo impianto pilota sarà realizzato a Mantova da 6.000 tonnellate, ma poi dovrà essere realizzato l’impianto produttivo vero e proprio da 150mila tonnellate, che Alfani ha ipotizzato dover essere vicino ad un craking, perché il prodotto di questo riciclo chimico deve essere appunto trasformato in monomero da un impianto di quel genere. O al Sud, quindi, oppure a Dunkerque, se si vuole restare in ambito Versalis. Per portare poi etilene e propilene a Ferrara non si potrebbe più usare, quindi, il sicuro ed economico tubo da Marghera, ma bisognerebbe comunque affidarsi a navi o ferrocisterne (per il solo propilene).
A scattare una fotografia delle tecnologie e delle tempistiche della svolta bio è stato Ferruccio Trifirò, docente emerito di Unibo, al convegno sul futuro del petrolchimico organizzato nei giorni scorsi dai sindacati ferraresi. La sua analisi ha chiarito, tra l’altro, che il polo bio in corso di realizzazione a Marghera non potrà alimentare in autonomia Ferrara: la bioraffineria che entro il 2024 con il processo Ecofing arriverà a produrre 500mila tonnellate di diesel verde, sostituendo progressivamente l’olio di palma con oli usati e scarti vegetali, ha sì come co-prodotto il propano alla base del propilene, ma per arrivare al monomero c’è sempre bisogno… di un impianto cracking. Quanto a LyondellBasell, altro attore di primo piano della trasformazione, il vicepresidente di tecnologia James Seward ha definito «punto cardine della società» il riciclo molecolare dei polimeri dai rifiuti plastici con la tecnologie Moretec, in sperimentazione a Ferrara dall’ottobre 2020, non sono state fornite però indicazioni su dove si farà l’impianto in scala industriale.C’è possibilità di migliorare l’impatto ambientale degli impianti cracking? Trifirò ha spiegato che colossi come Basf e Sabic stanno lavorando su steam cracking a idrogeno, molto meno inquinanti di quello di Marghera, mentre Shell e Dow studiano cracking elettrici.