Eterosessuali o omosessuali si nasce
Forse Papa Francesco ha capito che insistere con la tesi che l’omosessualità sia contro natura, equivale a dire che l’epilessia sia causata dalla possessione demoniaca: un’idea incendiaria oltre che sbagliata. Se agli integralisti religiosi dà fastidio che persone dello stesso sesso si sentano tra loro attratte eroticamente e sentimentalmente, sapere che le preferenze sessuali e le risposte culturali o psicologiche nei riguardi di questi comportamenti non sono libere scelte, può aiutarli a governare meglio i pregiudizi? Uno dei libri migliori sull’argomento fu pubblicato nel 2010 da Jacques Balthazart. La sua traduzione, dopo dieci anni, ne fa apprezzare la qualità divulgativa, ma il lettore non vi troverà le novità scientifiche più recenti.
Uno studio, pubblicato su «Science» nel 2019, del Dna di quasi mezzo milione di persone dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, dimostra che i geni contribuiscono tra l’8 e il 25% al comportamento omosessuale. Non esiste un gene «gay». Il comportamento sessuale è un tratto complesso, non prevedibile leggendo una sequenza di Dna. Sono stati identificati diversi geni e descritte condizioni biochimiche (a livello di sviluppo endocrino) controllate da geni, insieme a morfologie regolari in omosessuali, o che producono in modelli sperimentali cambiamenti a livello di specifiche strutture del cervello che controllano il rilascio di ormoni, come il testosterone, o l’olfatto. L’orientamento sessuale è programmato nel cervello prima della nascita da un insieme di condizioni prenatali, genetiche ed epigenetiche, nessuna delle quali viene scelta dal feto.
A cosa serve evolutivamente l’omosessualità, se chi la pratica non trasmette i propri geni? Sono state avanzate diverse ipotesi. Zii e zie gay aiuterebbero l’allevamento dei cuccioli migliorando la loro sopravvivenza e quindi avvantaggiando una famiglia dove nascono i gay. Ovvero l’omosessualità sarebbe un “compromesso”, nel senso che alcuni geni nelle donne aumenterebbero la fertilità, ma quando espressi in un maschio lo predisporrebbero all’omosessualità. Una ipotesi recente chiama in causa l’attrazione sessuale per lo stesso sesso nell’evoluzione e mantenimento della pro-socialità, per cui l’omosessualità reca benefici alle società animali e ai gruppi promuovendo lo scambio sessuale non finalizzato alla riproduzione e che rafforza la coesione sociale.
È la biologia a rendere gay o etero
L’approccio di Balthazart è didattico e parte da studi di laboratorio sulla sessualità animale. L’enfasi sugli animali consente di introdurre i modelli sperimentali per esaminare le influenze ormonali. In natura risultano circa 450 specie animali che esprimono comportamenti omosessuali, con casi eclatanti come i montoni che sono omosessuali tra l’8 il 10% (bisessuali quasi il 20%). Nella nostra specie, in tutte le culture, fra 3 e 8% circa, con i maschi che sono il doppio rispetto alle femmine. L’autore considera possibile, dato che la biologia è una sola, che gli studi sulla sessualità animale forniscano un’analogia plausibile della sessualità umana. Ma diversi ragionamenti fanno leva sulle differenze. Per esempio, quando descrive l’organizzazione ormonale della sessualità tra ratti e topi, osserva che differiscono radicalmente sia da noi perché non si accoppiano, sia dai montoni che fanno spontaneamente sesso anale tra maschi dopo un articolato corteggiamento. Balthazart pensa che se è la biologia a rendere gay o etero (con altre opzioni raramente menzionate), basti capire questo fatto per accettare serenamente le persone gay.
Una conclusione discutibile. Se spieghiamo a un razzista che le razze non hanno una base scientifica, questi non risponderà: «grazie, ora che lo so smetterò di essere razzista». Se qualcuno prova fastidio o peggio disgusto a pensare un coito omosessuale, non smetterà di provare quei sentimenti sapendo che si tratta di qualcosa di «naturale». Semplicemente o rifiuterà l’idea che si tratti di qualcosa di naturale o, peggio, penserà che si tratti una mostruosità naturale, da eliminare. Questo perché, come il razzismo ha una base naturale, è naturale, cioè non solo culturale, forse essere più o meno predisporti all’omofobia. Alcuni studi su gemelli omozigoti dimostrano che esiste una base ereditaria, molto più significativa tra eterosessuali maschi, per atteggiamenti omofobi e inclini a sbocchi violenti.
L’omofobia
Non è più una novità che gli scienziati critichino pubblicamente l’omofobia sulla base di dati scientifici. Ma sarebbe preferibile evitare di fare leva sulla scienza solo per la pars destruens dei ragionamenti. Peraltro, ci sono scienziati che usano la biologia, pubblicando su riviste accreditate, per negare che l’omosessualità abbia una base biologica, psicologi accademici con largo seguito che riconducono l’omosessualità agli abusi infantili e fanno confusione tra attrazione omosessuale e comportamento sessuale, e neuroendocrinologi che lavorando su modelli sperimentali animali si propongono di curare o sradicare l’omosessualità.
Balthazart dice bene che l’ideologia non dovrebbe avere posto nella scienza, che gli scienziati non dovrebbero confondere le loro credenze politiche con le prove scientifiche, e che il lettore dovrebbe ascoltare solo chi sostiene l’ipotesi che il nostro cervello determina i nostri generi rispetto a chi usa la scienza per promuovere posizioni omofobe. Ma è una perorazione che lascia il tempo che trova. Date certe condizioni l’ideologia vince sempre sulla scienza, e non vale trascinare la scienza nelle mefitiche paludi del pensiero polarizzato.
Gli studiosi di sessualità hanno spesso fatto del male per perseguire i loro fini di ricerca, come nel caso di Bruce/Brenda/David Riemer, il cui pene nel 1966 fu mutilato per errore durante l’infanzia, per cui fu riassegnato al sesso femminile; cresciuto come una ragazza, infine si ribellò e scelse il suicidio. John Money, il sessuologo che condusse l’esperimento criminale, usava il caso per promuovere l’idea che i ruoli di genere fossero codificati dalla socializzazione. Balthazart lo usa per smascherare le fesserie psicoanalitiche e sociologiche. Molti esempi nel libro sono di genere maschile. Non vanno dimenticati i danni causati alle donne nate per esempio con iperplasia surrenalica congenita (ambiguità genitale) o dall’uso di dietilstilbestrolo durante la gravidanza, che induceva malformazione dell’apparato riproduttivo nella discendenza.
I gay
Nelle «società eticamente devianti» l’omofobia avrebbe, per l’endocrinologo belga, radici multiple che non sono collegate al pensiero biologico. I gay però non si pensano come risultato di una biologia particolare, e in molti ritengono di avere scelto il proprio orientamento sessuale. Parlare di società eticamente devianti non ha alcuna base empirica e rischia di far rientrare dalla finestra il pregiudizio cacciato dalla porta. L’uso della biologia per contrastare l’omofobia non porta da nessuna parte se si ignorano i dati della psicologia sociale e cognitiva. E la psicologia dimostra che sono soprattutto le convinzioni essenzialiste a risultare associate ad atteggiamenti pregiudizievoli. In generale e nella fattispecie. Nel senso che il carattere naturale o biologico dell’omosessualità viene elaborato «naturalmente» attraverso un’idea immutabile, uniforme, discreta della condizione, che è quella intuitiva con cui le persone categorizzano il mondo. Le persone sono di base fissiste o idealiste, non evoluzioniste. Gli stereotipi e i pregiudizi, razzisti, omosessuali, misogini, antisemiti etc. si smontano non fornendo semplicemente informazioni scientifiche (sarebbe facile!), ma costruendo i presupposti cognitivi ed epistemologici solo attraverso una educazione mirata, critica e continua