A 33 anni è la più giovane del team di trentenni che cinque anni fa ha preso in mano le redini della storica azienda di pelletteria Bianchi e Nardi. «Il più “anziano”, Andrea, ne ha solo 38», scherza Laura Nardi, figlia di Massimo e presidente della maison nata nel 1946. Allora era un piccolo laboratorio artigiano di Firenze, che tra i suoi primi clienti ebbe il «signor» Gucci. Oggi il board è composto dai fratelli Gabriele e Giulia Bianchi, dai Nardi Alessandro e Andrea, e dalla cugina Laura. Sono la terza generazione e guidano la produzione di borse di lusso, realizzate con pellami pregiati e iper selezionati.
Per spiegare come è avvenuto il passaggio generazionale, a Nardi bastano un paio di frasi: «È stata una presa di coraggio e di responsabilità da parte dei giovani, e una presa di coscienza dei grandi». Che da quel momento si sono fatti da parte. «Ci hanno lasciati liberi di modernizzare l’azienda. La prima cosa che ho fatto? Ho cambiato il sistema gestionale: andava digitalizzato e velocizzato. Abbiamo fatto formazione e tutto è andato bene», racconta Nardi.
I nonni e fondatori, Mario e Aldemaro, hanno fatto in tempo a vederli entrare in azienda. «Ora sarebbero orgogliosi di noi — è sicura la manager, laureata in ingegneria — . Io ho anche la delega alla gestione dei clienti: negli anni ne abbiamo acquisiti di nuovi. I nostri standard di produzione sono rimasti alti, non facciamo business con chi ci chiede di produrre fuori dall’Italia». Oggi l’80% degli ordini arriva dall’estero, ma ci sono anche due grossi clienti italiani, «collaborazioni fresche che vogliamo far crescere, perché sostenere il sistema produttivo del Paese ci sembra importante». Il 2018 porta una nuova sfida: l’apertura del primo store monomarca, a Firenze. «Ci crediamo molto, il prodotto è valido, e il plus del negozio sarà quello di poter personalizzare le borse», spiega Nardi. Un unicum? «Siamo già pronti ad aprirne altri, ma tempi e modi vanno studiati. Milano, Londra… vedremo».
È stato avviato anche l’ecommerce, con buoni risultati. «Sono convinta che possa arrivare a vendere come il negozio», commenta Nardi, che sul fronte conti vede un 2018 stabile, grazie alla linea «1946» e agli ordini dei grandi clienti. Il 2017 si è chiuso a 27 milioni di euro, in linea con gli altri anni. In azienda lavorano un centinaio di persone, con un ufficio specializzato nella ricerca dei materiali, da sempre il punto forte della casa. «Non solo pelle: coccodrillo, pitone, struzzo e la lucertola, che sta tornando molto», spiega Nardi. Poi c’è l’indotto: le produzioni industrializzabili sono affidate a una filiera certificata e controllata: «Il laboratorio più lontano è a dieci chilometri dalla nostra sede». Tradizione e territorio sono imprescindibili per i cinque manager. Ma come si prendono le decisioni, oggi, in azienda? «Senza litigare—assicura Nardi —. Siamo molto rispettosi l’uno dell’altro e le scelte sono tutte in funzione del meglio per l’azienda. Problemi perché sono donna e giovane? Internamente non ce ne sono mai stati, all’esterno noto piu diffidenza».
*L’Economia, 16 marzo 2018