L’altro Sud è quello che scopri ad Angri, Valle del Sarno, nell’orgoglio di un acronimo che sta per Officine Meridionali di Precisione Meccanica: l’Ompm è una delle competenze che, nate attorno al polo aerospaziale di Leonardo-Finmeccanica, a colpi di ricerca, sviluppo e innovazione hanno poi saputo farsi un nome oltre l’illustre committente pubblico. Esattamente come avrebbero fatto le più strutturate, e ricche di tradizione, imprese del Nord. L’altro Sud lo trovi a Tito, venti minuti da Potenza, nella piccola azienda gioiello del gioiello automotive lucano: e anche qui è stato un polo – Fca, Melfi, punta meridionale dell’asse con Pomigliano – a seminare know how, «conoscenza» che la Pm di Paolo Patrone e Michele Mongiello ha assorbito al punto da superare senza troppi danni la prima Grande Crisi, da riprendere il volo quando nella maxi fabbrica sono arrivate le Jeep e la Basilicata si è ritrovata a guidare l’export nazionale, da poter tenere i nervi saldi ora che l’auto (tutta, almeno in Europa) è in mezzo a nuovi venti di tempesta. L’altro Sud lo incontri ancora, per esempio, a Casarano, piena penisola salentina: dieci anni fa la Leo Shoes non esisteva, oggi le calzature che produce per i brand del lusso portano ricavi per 62 milioni, il che vuol dire una crescita media annua del 70% nel periodo 2011-2017, il che significa il più alto tasso di sviluppo tra quei Champions per i quali i tassi ad abbondante doppia cifra sono la norma.
Animal spirits
L’altro Sud, però, rimane in ogni senso «piccolo». Troppo, per ribaltare le statistiche. O anche solo per smontare luoghi comuni e pregiudizi. E tuttavia non è vero che non ci sono animal spirits, nel nostro Mezzogiorno. Né che quei pochi siano stati tutti soffocati da una politica (chiamiamola così) per la quale «incentivo» all’industrializzazione è, come quasi sempre è stato, sinonimo di «sussidio». Magari a pioggia. Magari a perdere.
Per poche che siano, storie come quelle dei self made men che hanno fondato e portato al successo la Ompm, la Patrone e Mongiello, la Leo Shoes, le tante eccellenze dell’alimentare più tipico non sono così rare. Sì, sicuramente: la sproporzione rispetto al Nord e al Centro c’è, è evidente, e appare abissale. A un certo punto del nostro viaggio tra i Campioni della piccola e media imprenditoria nazionale, iniziato oltre un mese fa, per vedere se nella massa critica cambiava qualcosa abbiamo persino provato ad allungare i confini convenzionali della macro-area che definiamo «Sud». Nelle tabelle delle pagine a seguire sono perciò compresi i dati del Lazio. Non hanno modificato granché. Dei 500 «piccoli» Champions, quelli con fatturato tra 20 e 120 milioni, solo 54 vengono da questa sorta di meridione allargato (senza il Lazio sarebbero stati 37). Nella Top 100, ovvero tra le aziende ormai di medie dimensioni (fino a 500 milioni di giro d’affari), con cinque nomi l’elenco è esaurito (due gruppi campani, due laziali, uno abruzzese). Totale: 59 aziende su 600, per 4 miliardi di ricavi sui 43,7 complessivi dei Campioni selezionati da L’Economia e ItalyPost.
L’altro Sud, nonostante ciò, per il resto è comunque in tutto e per tutto il prototipo dei Champions. Anche queste sono aziende familiari, anche qui l’imprenditore reinveste spesso per intero quel che guadagna, anche qui la redditività è da bilanci super. Profitti industriali netti pari al 18% del fatturato in ciascuno degli ultimi tre esercizi analizzati non replicano soltanto, quasi alla virgola, performance in linea con la media complessiva di tutte le 600 aziende top. Indicano, nell’una e nell’altra classifica, una continuità di risultati che esclude gli exploit casuali, estemporanei, destinati a bruciare in fretta.
Costruire il futuro
Dopodiché. La crisi che l’Italia ha incominciato a sentire nella seconda metà del 2018, e che l’Istat ha certificato come «recessione tecnica» un mese fa, quest’anno si vedrà probabilmente anche in alcuni di questi bilanci, tra le aziende dei settori più esposti. E sì, certo: si può chiudere ottimisticamente la questione dicendo che l’attrezzatura per navigare contro vento ce l’hanno, l’hanno già sperimentata e hanno, anche, dimostrato che funziona. Il punto è che far finta di niente, contare sul fatto che «tanto ce la fanno», vorrebbe dire buttar via l’ennesima occasione. È verissimo: i Campioni del Sud, come quelli del Nord, sono quelli che hanno contribuito prima a farci uscire dalla Grande Crisi, poi ad agganciare la ripresa, e siccome l’hanno fatto a prescindere dal sistema-Paese non c’è ragione di pensare che non possano rifarlo (naturalmente ancora a prescindere). Il dettaglio è che il Settentrione ha una macchina manifatturiera rodata nei decenni, il Mezzogiorno entra ed esce dai dibattiti (e dalle polemiche politiche) sul suo futuro industriale restando continuamente al punto di partenza. Senza cha quasi mai, a modello, venga suggerito qualcosa che non ha bisogno di essere inventato da zero. Un altro Sud esiste già. Basterebbe semplicemente accorgersene.
*L’Economia, 11 marzo 2019