Sono bastati appena due giorni a Paola De Micheli per far capire il nuovo corso al ministero delle Infrastrutture, o forse è solo la conferma della piega presa nell’ultimo periodo con le sconfitte dei 5Stelle sulle grandi opere. Neanche il tempo di insediarsi al dicastero che fu di Danilo Toninelli, che ieri la neoministra ha dettato l’agenda: il Tav sì farà, la Gronda di Genova pure e Autostrade dei Benetton non rischia la revoca della concessione dopo il crollo del ponte Morandi. In sostanza, la linea della Lega di Matteo Salvini ai tempi del governo gialloverde. Era nell’aria, ma la novità fa il suo effetto. L’arrivo di De Micheli, ancora per poco vicesegretario Pd, è frutto di una scelta calcolata. Costretti a lasciare un ministero economico di peso ai dem, i 5Stelle hanno deciso di tenersi il più ricco Sviluppo economico e sacrificare le Infrastrutture con l’obiettivo di non mettere più la faccia su scelte assai indigeste alla base militante. Il cerchio ora si chiude anche sui capitoli più forti delle battaglie grilline. Per il neo ministro, per dire, sul Tav non esistono passi indietro possibili dopo il via libera annunciato da Giuseppe Conte il 23 luglio scorso: “Ora l’opera deve procedere il più rapidamente possibile”, spiega in un’intervista a La Stampa. Archiviato insomma qualsiasi tentativo di riaprire la partita che ha animato l’ultima settimana parlamentare del governo gialloverde. Linea ribadita subito dopo in tv: “Il percorso va ulteriormente accelerato. Sul piano politico questo nodo è definitivamente sciolto”. E sciolto, pare, è pure il nodo della revoca della concessione ad Autostrade. “Nel programma c’è scritta una parola precisa e molto diversa: revisione”. Via libera anche alla Gronda di Genova: “Non vedo problemi tecnici insuperabili, ma il tema è legato alla revisione delle concessioni”, anche perché “sono contraria alla cosiddetta mini-Gronda”. Poco importa che si tratti di una parziale alternativa che farebbe risparmiare agli utenti quasi 2 miliardi di pedaggi rispetto all’originario progetto di Autostrade, peraltro finanziato da un generoso prolungamento della concessione (benedetto a suo tempo da Graziano Delrio e sospeso da Toninelli). L’uscita ha l’effetto di far salire ancora in Borsa Atlantia, la holding dei Benetton che controlla Autostrade, che già aveva salutato con uno strappo record la nomina di De Micheli (il titolo è ormai tornato ai livelli precedenti al crollo del Morandi di agosto 2018). Ma è talmente rapida e le reazioni inesistenti da far sorgere il sospetto che la prima intesa nel governo giallo-rosa si dispieghi proprio sulle Infrastrutture, derubricando il capitolo a tema secondario nell’azione di governo. Ufficialmente, infatti, non arriva nessuna reazione dall’alleato M5S, se si eccettuano i senatori Gianluigi Paragone e Mario Giarrusso: “La sua è la linea della Lega, la nostra – attacca quest’ultimo – è per la revoca, non daremo la fiducia se si comincia subito a martellare l’accordo di governo”. Nel Movimento filtra malumore, ma la linea è di non aprire lo scontro col Pd. Alla Farnesina, Luigi Di Maio riunisce i ministri 5Stelle e consiglia di non rispondere a quella che considera una “provocazione”, pur raccomandando di suggerire ai colleghi dem di non replicare la rissa continua vista con la Lega. Solo i 5stelle liguri minacciano battaglia in una nota che però evoca la revoca delle sole “concessioni della tratta A10”, cioè quella del Morandi. Fatto sta che la linea del Carroccio, favorevole a tutte le opere ma non alla revoca ai Benetton, finisce per essere quella del governo giallo-rosa. “Sui cantieri è ora di dire basta con i no politici”, ha sentenziato ieri la neo ministra.