A Ponzano Veneto è il momento dei grandi cambiamenti. Dopo autostrade, costruzioni e torri ora è il turno delle assicurazioni. La famiglia Benetton, secondo fonti qualificate, sta valutando di salire a ridosso del 5% delle Generali. Una posizione che, allo stato attuale, ne farebbe il secondo azionista di riferimento della compagnia alle spalle di Mediobanca che ha il 13%. Al momento Edizione, la holding della famiglia, avrebbe già raggiunto il 2% del gruppo assicurativo rafforzando la partecipazione storica dello 0,94%. L’investimento, ai prezzi attuali, è di poco inferiore ai 500 milioni.
Finora la holding ha operato sulle Generali a fronte di un mandato affidato dal consiglio di amministrazione. In un cda tenuto diversi mesi fa, il board ha deliberato l’ascesa nel capitale della compagnia fino al 2%. La decisione risponderebbe a ragionamenti di carattere finanziario. Edizione ha una liquidità importante e ha scelto di impiegarne una parte in un investimento che sulla carta ha un rendimento rotondo, circa il 6%, considerati i prezzi attuali. All’interno di questo quadro avrebbe ora avviato delle riflessioni sull’opportunità di raddoppiare l’impegno a Trieste. L’operazione non è ancora passata al vaglio del consiglio ma alcune fonti non escludono che i tempi siano maturi. La crescita nel capitale delle Generali potrebbe essere questione di qualche mese tanto che c’è chi scommette che prima dell’estate l’operazione possa essere completata. Si vedrà. Molto, d’altra parte, dipenderà anche dalle occasioni che si verranno a creare sul mercato. Di certo, in questa fase, l’impressione è che ci sia la volontà di fare il passo.
Acquistare quasi il 5% delle Generali significa per Edizione mettere sul piatto altri 700 milioni. Una cifra rotonda che tuttavia non rappresenterebbe uno sforzo eccessivo per le casse della società. La holding della famiglia Benetton che tiene le redini di Atlantia – oggi in piena rivoluzione dopo la firma della maxi alleanza con Acs-Hochtief per conquistare Abertis – Autogrill e Benetton Group, vanta un net asset value di 12,1 miliardi e una cassa di 1,85 miliardi, di cui 258 milioni gestiti dal fondo Questio. La capogruppo ha infatti archiviato il 2016 con profitti per 308 milioni e dai dati emerge che ha a disposizione oltre 1,85 miliardi di cassa. Al netto del prossimo rafforzamento nel Leone, dunque, resterebbe a disposizione ancora un miliardo di euro. Il tesoretto potrebbe essere utilizzato per agevolare progetti di espansione delle proprie partecipate, rafforzandone la presenza nei settori di competenza. Come già sta avvenendo per Atlantia. Tanto più che sotto l’ombrello della partecipata finiranno altri business oltre a quelli delle autostrade, in particolare le costruzioni, con il 24,1% di Hochtief, e le torri di Cellnex. In Edizione c’è infatti un manager come il l’amministratore delegato Marco Patuano che conosce molto bene il settore delle telecomunicazioni grazie al ruolo ricoperto in passato ai vertici di Telecom Italia. Non a caso a giugno scorso il ceo della holding si era espresso sulla strategicità del gruppo delle torri con toni piuttosto espliciti: «Se mai il ceo di Atlantia mi chiedesse un consiglio gli direi di tenere Cellnex in portafoglio perchè è un bell’asset».
In attesa di registrare le prossime mosse della famiglia Benetton anche altri azionisti forti potrebbero immaginare di aumentare il loro peso. Ad oggi i soci chiave della compagnia, oltre a Piazzetta Cuccia, sono Francesco Gaetano Caltagirone con il 3,55%, Leonardo Del Vecchio con il 3,16% e il gruppo De Agostini con l’1,7%. L’assetto proprietario è quindi in movimento. Quanto a Mediobanca, che pure non ha alcuna necessità di capitale, ha mantenuto a piano l’ipotesi, a precise condizioni di mercato, di cedere fino al 3% del Leone. Caltagirone, invece, a certi prezzi potrebbe arrotondare ancora la propria quota così come Leonardo Del Vecchio. Diversa la situazione di De Agostini che negli anni scorsi ha prima alleggerito la posizione e poi ha apertamente dichiarato di ritenere l’investimento una partecipazione di natura finanziaria. «Non abbiamo alcun programma di dismissione a breve o medio termine. Rimane una partecipazione finanziaria come abbiamo sempre detto», hanno fatto sapere dal gruppo De Agostini.
In prospettiva, in ogni caso, nel destino di Trieste sembra esserci una potenziale stabilizzazione del nucleo forte dei soci italiani. I Benetton però in questo contesto sembrano agire in modo autonomo con mosse che rispondono più a valutazioni di carattere finanziario che a scelte dal profilo politico. Non a caso, anche quando sono emerse le prime indiscrezioni sulla crescita di Edizione nel capitale delle Generali, ambienti vicini alla holding hanno fatto intendere che non ci fosse alcuna mira precisa in termini di governance. Un’opinione che potrebbe anche essere rivalutata nel momento in cui il peso dovesse diventare concretamente più rilevante. Tanto più che ad aprile 2019 è in scadenza l’intero board della compagnia.