L’avventura imprenditoriale della famiglia Bellini inizia nel 1943 a Zanica, un piccolo comune nel bergamasco, con la Alfa Petroli, realtà fondata dal capostipite Carlo per la commercializzazione di benzine e gasoli. Negli anni ’70 c’è poi la svolta che definirà lo sviluppo futuro dell’attività familiare: la Alfa Petroli viene venduta ad una compagnia americana, e al suo posto viene fondata la Petroli Bellini. Ma questa volta con un focus diverso, ossia produzione e commercializzazione di oli lubrificanti.
E sarà questo il settore in cui l’azienda si consoliderà negli anni, puntando soprattutto sulla capacità di personalizzare i prodotti in base alle esigenze del singolo cliente. Un’intuizione vincente, che ha portato Bellini ad essere fortemente riconosciuta nel mercato, portando il suo giro d’affari a superare i 27 milioni di euro nel 2019. Complici di questo risultato anche i continui investimenti in ricerca e sviluppo messi in campo per fornire soluzioni non solo personalizzate, ma anche all’avanguardia: con la sua linea Harolbio, è stata uno dei primi produttori in Europa a produrre oli lubrorefrigeranti di derivazione vegetale che avessero caratteristiche non solo pari a quelli derivanti dal petrolio, ma addirittura migliori.
Oggi Bellini è arrivata ad essere un punto di riferimento del settore sia in Italia che in Europa, grazie anche ad una serie di rivenditori partner presenti in 24 Paesi, ed è guidata dalla terza generazione della famiglia con Stefano, Andrea e Marco. È quest’ultimo a raccontarci come la crisi pandemica abbia impattato l’azienda, che nei primi mesi si è trovata a fronteggiare principalmente la mancanza del personale: essendo stata Bergamo il punto di partenza dell’emergenza epidemiologica nel nostro Paese, nei primi mesi la difficoltà principale per l’azienda è dipesa dalle quarantene e dalla paura di andare a lavoro. Registrato un calo dell’attività del 50% ad aprile e del 40% a maggio, c’è stata poi una ripresa progressiva, che ha portato addirittura a registrare tassi di crescita in doppia cifra in alcuni mesi del secondo semestre. Nel complesso, i ricavi si sono attestati a 24,8 milioni di euro, in flessione dell’11% rispetto al 2019. Un risultato considerato “di tutto rispetto” da Bellini, se confrontato con le stime fatte ad aprile.
Tuttavia, avendo nei fatti perso fatturato legato a settori a bassa marginalità, come l’automotive, e mantenuto su altri fronti maggiormente redditizi, nel 2020 il margine operativo lordo è passato da 3,6 a 4,1 milioni di euro, per un’incidenza sui ricavi del 16,7%. Dal punto di vista finanziario, la politica di “capitalizzazione aziendale” della famiglia ha portato a potenziare ulteriormente la posizione di cassa, che si porta da 0,9 a 1,8 milioni di euro. Parametri che qualificano nuovamente Bellini tra le nostre aziende Champion.
Quanto al 2021, l’obiettivo è quello di tornare ai volumi del 2019, nonostante questo primo trimestre si sia chiuso in crescita del 24%. Un balzo repentino, come definito da Bellini, che teme non sia sostenibile sul lungo periodo. Tuttavia l’incognita, più che il fatturato, sarà l’inflazione, a causa del forte aumento del costo delle materie prime – sull’ordine dell’8% –, un tema che per Bellini sarà centrale nella gestione.